Il processo contro Laurent Gbagbo, ex presidente ivoriano, riprenderà il 12 novembre. Mentre i suoi avvocati hanno chiesto la sua assoluzione, i suoi sostenitori non smettono di gridare la sua innocenza. È un processo in cui si gioca la credibilità della Corte Penale Internazionale.
Detenuto alla TPI da novembre 2011, Gbagbo è stato accusato di crimini contro l’umanità, tra cui omicidio, stupro con altre violenze sessuali, e atti di persecuzione. Infatti, la comissione elettorale del Paese aveva dichiarato vincitore il suo avversario politico Alassane Ouattara con il 54,1 per cento dei voti. Ma Laurent Gbagbo ha rifiutato di riconoscere la propria sconfita, con il pretesto che ci sono stati dei brogli sopratutto nel nord del Paese, la zona occupata dai ribelli in cui si trova la maggior parte di coloro che parteggiano per il suo avversario. I risultati inoltre sono stati invalidati dal Consiglio Costituzionale: ne è seguita una lunga fase di stallo, con numerosi scontri tra bande e fazioni politiche rivali, che hanno fatto almeno 3.000 morti.
Comunque, nell’Aprile del 2011 Gbagbo è stato arrestato dalle forze speciali dell’esercito francese e trasferito a Korhogo, nel Nord del Paese, dove è rimasto in stato di detenzione fino al trasferimento presso la Corte penale internazionale dell’Aia. E il 5 decembre 2011 l’ex-presidente è comparso per la prima volta davanti ai guidici della CPI. Ma in questo processo Gbagbo non è da solo ad essere giudicato: c’è anché Charles Blé Goudé, il suo ministro della gioventù, accusato anche lui di avere avuto un ruolo nella crisi del 2010.
Sarà una lunga strada, perché si aspetterà fino al 2014 perchè la Corte confermi l’accusa di crimini contro l’umanità e il processo si aprirà nel Gennaio 2016, cioè cinque anni dopo il suo transferimento alla CPI. Ma Laurent Gbabo e il suo ministro hanno sempre urlato la loro innocenza. Sarano dunque ascoltati 82 testimoni sui 138 proposti dall’accusa, per dimostrare la colpevolezza dei due denuti.
Le testimonianze non hanno convito alcuni guidici ed esperti di diritto e di politica, al punto che numerosi osservatori nazionali ed internzionali chiedono la liberazione dell’ex-presidente ivoriano e il suo ministro. Anche Amnesty Internazionale dall’inizio del processo ha chiesto il rispetto delle procedure del diritto internazionale nel transferimento e nel processo di Gbabgo e del suo codetenuto. E, prosegue l’organisazzione, la CPI gioca la sua credibilità in questo processo, perché stiamo vedendo un’ingiustizia da parte dei vincitori, perché dei crimini sono stati commessi dai sostenitori di Allasane Ouattara nella crisi del 2010 e nessun mandato d’arresto è stato rivolto contro di loro.
Inoltre un giornale francese, Mediapart, ha denunciato il ”deal” del primo publico accusatore Luis Moreno-Ocampo, «che, in violazione di tutte le procedure, ha manovrato con i diplomatici francesi e gli alleati di Allasane Ouattara per fare trasferire Laurent Gbagbo in novembre 2011 da Korhogo alla prigione di Scheveningen, presso la Haye». Quindi, per niente convinti delle testimnianze e delle prove del pubblico accusatore, il 1 ottobre scorso gli avvocati di questi due ivoriani detenuti hanno chiesto l’assoluzione dei loro clienti o almeno un ”nessun luogo a procedere”.
Ma dobbiamo ancora aspettare fino al 12 novembre, giorno della ripresa del processo per saperne di più. Comunque per il giudice-presidente, l’italiano Cuni Tarfusser, Laurent Gbagbo meriterebbe almeno una liberta provisoria.
In ogni caso questo processo è senza nessun dubbio una sfida per la giustizia internazionale e per la CPI, vista da tanti africani come un’arma nelle mani dei potenti.