Denis Mukwege: un premio Nobel a difesa delle donne

Da 20 anni, in Congo, si dedica alle donne vittime delle violenze sessuali. È un uomo di speranza, carismatico, sorridente e ricco di energia umanizzante

Insieme con Nadia Murad, Denis Mukwege, medico e direttore generale dell’Ospedale generale di Panzi, fondato da lui a Bukavu ad Est della Repubblica Democratica di Congo, ha ricevuto il 5 ottobre 2018 il premio Nobel per la pace. Ginecologo di formazione, è un uomo di speranza, carismatico, sorridente e ricco di energia umanizzante.

Denis Mukwege era un medico che si dedicava alla mortalità materna, quando nel 1996 scoppiò la guerra in Congo e particolarmente nel Sud-Kivu: una bellissima regione povera, ma ricca per il suo popolo, la sua cultura e i sui minerali.

 

Vedendo la situazione di guerra, il dottore Mukwege creò allora l’ospedale Panzi, proprio per combattere la mortalità materna. I suoi obiettivi si sono ampliati quando un giorno ricevette una donna vittima di uno stupro fatto con violenza atroce. In 3 messi Mukwege ha ricevuto 45 donne e dopo 20 anni circa 40.000, con 250 fanciulle e una settantina di bambine che aveva meno di 3 anni. Infatti, lo stupro è divenuto un arma per la destabilizzazione sociale, psicologica e sociale. Questo enorme problema di violenza sessuale lo spinse a dedicarsi alla cura di queste donne. Da quel momento, e fino ad oggi, Mukwege è stato testimone degli stupri in Africa e nel mondo ed è al servizio di queste donne.

 

In 2010, la ripresentante dell’ONU, Margot Wallström, ha definito il Bukavu «la capitale mondiale dello stupro». Distruggere la persona nella sua intimità più profonda è distruggere la sua dignità e il suo senso della vita. Ciò che è considerato come segno di fecondità e di vita diventa segno di disonore, di vergogna e di distruzione sociale: anche gli uomini sposati ad una donna abusata perdono la loro dignità e i bambini nati di un violenza sessuale sono considerati in questa località come «figli dei serpenti».

 

L’Ospedale di Panzi è considerato come un faro di speranza per le donne vittime di violenza sessuale. Makwege si occupa infatti non solamente della cura corporale, ma anche dell’accompagnamento psicologico di queste donne, della loro formazione e dell’inserimento socio-politico e sopratutto dell’accompagnamento giudiziario, per aiutarle a rivendicare i propri diritti, a chiedere giustizia e quindi a mettere un termine all’impunità e a questa pratica disumanizzante e barbaro.

Secondo Mukwege, «un crimine non deve rimanere impunito». La sua motivazione è semplice: «ogni donna violentata, la identifico con mia moglie, ogni madre violentata, la identifico con mia madre, ogni bambina violentata, la identifico con mia figlia. Come potremmo tacere?».

 

Nel suo messaggio in occasione dell’assegnazione del premio Nobel del 5 ottobre 2018, Mukwege afferma: «Questo premio Nobel comunica la riconoscenza e il bisogno di una riparazione giusta per le donne vittime degli stupri e delle violenze sessuali in tutte le continenti dell’Asia, dell’Oceania, dell’Europa, dell’America e dell’Africa».

E chi approfitta di questa violenza sulle donne? Il Kivu è una regione molto ricca in oro e contiene la metà delle riserve mondiali di coltan, un minerale indispensabile per gli smartphone. La situazione di guerra favorisce un esportazione fondata sullo sfruttamento e sembra che, per continuare la loro attività, le organizzazioni economiche finanzino i gruppi armati. Certamente un’altra lorra da fare per mettere fine a questa crudeltà indescrivibile.

 

 

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