Se dovessimo dare un nome all’estate 2012, potremmo dire che è stata l’estate dei nomi. Prima quelli degli anticicloni. Poi le proposte di un nuovo nome per un partito. E, soprattutto, i soprannomi. Che non sono gli pseudonimi o i nomi di battaglia (nickname per gli aggiornati), che di solito ci si autoassegna. I soprannomi, come le botte, si danno. E pure di santa ragione. Agli sportivi (uno su tutti: Alex Schwazer, diventato Dopinguì) e, in special modo, ai politici. Non più per nasconderne l’identità (ricordate quando Cesare stava per Silvio?), ma per svelarla: perché i soprannomi, aderendo alle caratteristiche del personaggio, sono nomi più veri. Impietosi e irridenti (ricordate un certo Romano ribattezzato Mortadella e una certa Letizia rinominata Mestizia?), i soprannomi marchiano a vita ed è difficile scollarseli di dosso.
Tra i neonati segnaliamo, in Italia, tre governatori di regioni: Arraffaele, Il Celeste e la Polveroni. In Inghilterra lo stesso primo ministro, David Cameron (già noto come Tory Blair per la somiglianza con l’ex leader laburista), è stato storpiato in Decameron e in Tutancameron. E, negli Usa, il presidente Obama ha definito il suo sfidante Romney Hood: un Robin Hood al contrario, che ruba ai poveri per dare ai ricchi.
Se quasi sempre i soprannomi funzionano per analogia, i più gustosi sono per contrasto. Tra loro, la palma del vincitore va senz’altro a Er Batman. Che, come dice Crozza, «s’è magnato Robin». Proprio perché, per stazza e goffaggine, ricorda più il Pinguino, rivale di Batman, dargli quel soprannome è stato un colpo da maestro. E magistrale è pure l’er, messo davanti, a dire: «Oh, si sta scherzando, questo è un superuomo fasullo. Un eroe de noantri, che riporta l’ordine solo nei propri conti bancari».
Last but non least, due parole anche su chi i soprannomi non li sa dare: il politico che ha definito rubagalline un professionista come Er Batman, non ricorda quel suo collega che nel 1992 – all’esordio di Tangentopoli – usò il termine mariuolo?
08 Ott 2012