Il protagonista di questa storia è Douglas, un giovane ragazzo che è stato abbandonato a 9 anni dal padre, un uomo violento e senza scrupoli. Il ragazzo si ritrova così a vivere in una gabbia per cani, destinati ai combattimenti clandestini.
Douglas trova nella compagnia dei cani una nuova forma di famiglia. Nel corso degli anni, sviluppa un legame di empatia così profondo con questi animali che si trasforma gradualmente in un amore incondizionato, anzi, in qualcosa di ancora più profondo. È grazie a questo affetto sincero dei suoi “bambini” che Douglas trova guarigione e impara a rispondere alla violenza, all’ingiustizia e agli abusi.
Nel trailer, inoltre, si possono vedere chiaramente quanti cani lo accompagnano sul suo furgone quando viene fermato dalla polizia in mezzo alla strada, e Douglas avverte: “Se non fate del male a me, non faranno del male a voi”.
“L’ispirazione per questo film è scaturita, in parte, da un articolo che ho letto su una famiglia francese che ha rinchiuso il proprio figlio in una gabbia quando aveva cinque anni. Questa storia mi ha fatto interrogare sull’impatto che un’esperienza del genere può avere su una persona a livello psicologico. Come riesce una persona a sopravvivere e a gestire la propria sofferenza? Con Dogman ho voluto esplorare questa tematica. […] Volevo essere il più onesto possibile nella realizzazione del film. Voglio che proviate dei sentimenti nei confronti del protagonista, di ciò che fa, delle azioni che compie come reazione alla sofferenza che ha patito. Vorrete fare il tifo per lui.” Sono le parole di Besson in merito al suo lungometraggio.
Dogman, infine, è in competizione anche per il Queer Lion, il premio assegnato a Venezia alle opere che affrontano tematiche legate all’identità queer. Il protagonista Douglas, infatti, esplora il suo amore per i cani attraverso l’atto di vestirsi da donna, affermando anche che gli sono sempre piaciuti travestimenti, poiché è questo che si fa quando non si conosce bene la propria identità. È proprio questo il dettaglio che anticipa una profonda riflessione sull’identità affrontata dal regista.