Da circa un mese la politica italiana è sotto i
riflettori anche per l’elezione del sindaco di Roma. La protagonista, anzi a dire il
vero, le protagoniste indiscusse di queste comunali sono due donne: Giorgia
Meloni e Valentina Raggi.
La prima, dopo aver sostenuto la linea politica dell’ex
Premier Silvio Berlusconi ed aver accettato, apparentemente, la candidatura di Guido
Bertolaso come candidato del centro destra, ha voltato le spalle al Cavaliere. Infatti
la Meloni, il 3 marzo aveva dichiarato di «non poter svolgere regolarmente la
campagna elettorale», poiché è in dolce attesa. Ma, il 17 marzo, la leader di
Fratelli d’Italia decide di scendere in campo e «dopo un’attenta riflessione», spiega, «ho deciso di correre per la
carica di sindaco di Roma. Bisogna tornare all’orgoglio di essere romani». E,
appoggiata da Matteo Salvini parla di «rialzare la testa». Giorgia Meloni,
forte di questa nuova amicizia con Salvini, che fino a poco prima aveva
ritenuto un «ostacolo all’unità della destra italiana», riecheggia manifesti
populisti tipici della Lega, come ad esempio «ridiamo Roma ai romani» che
assomiglia molto allo slogan salviniano «ridiamo l’Italia agli italiani». Nessuno
dei suoi colleghi uomini, Bertolaso, Alemanno, soprattutto Berlusconi, il quale
fu per lei una guida politica per anni, avrebbero immaginato che potesse essere una
donna a creare una rottura per tutta la coalizione di tali dimensioni.
Ovviamente le critiche per questa candidatura
ʺimprovvisaʺ della Meloni sono arrivate immediatamente da Roberto Giachetti,
candidato per il partito democratico, che fino a quel momento credeva di non
avere rivali. La candidatura di Bertolaso, certamente poco amato e stimato dai
romani, basso nei sondaggi, aveva fatto sperare ad una vincita firmata PD. Però
mai Giachetti avrebbe pensato di dover fare i conti con le accuse avanzategli
da Valentina Raggi, candidata come sindaco di Roma per il Movimento Cinque Stelle,
avvocatessa romana e madre di un bambino di sette anni. La notizia della sua
candidatura all’inizio è passata pressoché inosservata, ma tutto è cambiato quando
ha esordito attaccando con piglio deciso Giachetti, accusandolo di essere «troppo
legato al suo partito, schiavo di Mafia capitale e di quel sistema di corruzione
tipico dei partiti italiani». Si è detta sorpresa anche della reazione della Meloni
alla dichiarazione di Berlusconi che l’ha definita «fascista» e con sarcasmo
pungente ha aggiunto «Silvio Berlusconi dice che Giorgia Meloni è fascista? La
Meloni ha un passato con lo stesso Berlusconi, con Gianni Alemanno e con
Ignazio La Russa. Era nel Fronte della Gioventù, poi le definizioni le darà chi
le vuole dare. Ma certamente la Meloni un passato ce l’ha e mi sembra anche
molto netto».
Strano però che nella sua aspra critica ai politici di “vecchia
generazione”, Raggi abbia omesso la sua esperienza di praticantato proprio presso lo studio di Cesare Previti, Ministro della Difesa nel governo Berlusconi I, condannato in via
definitiva nel 2006
per il processo IMI-SIR e nel 2007 per il processo Lodo Mondadori, condannato all’ interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Appare evidente come le comunali romane si prospettino
cariche di tensione. Ma questa sfida, tutta al femminile, mostra la voglia delle
donne di imporsi sulla scena politica, senza risparmiare colpi bassi e accuse
all’universo maschile, che fino a poco tempo fa dominava la scena pubblica.
Certo, il potere interessa tutti, uomini e donne, ma le amicizie “di
interesse”, gli slogan populisti e aver appreso la deontologia professionale
da un uomo escluso a vita dagli uffici pubblici di tutta la Penisola, destano qualche
(giustificato) sospetto.