Il 3 dicembre ricorre la Giornata Internazionale dei Diritti delle Persone con disabilità, istituita nel 1992 per volontà dell’ONU, allo scopo di promuovere la consapevolezza e la comprensione delle questioni legate alle persone con disabilità e per sensibilizzare sul tema dei loro diritti e in generale sulla loro realizzazione di vita.
È noto lo slogan “Durante noi, insieme a noi”, ma questo viene sempre visto dalla prospettiva della persona con disabilità (giustamente se pensiamo al progetto di vita della persona). Tuttavia, lungo il percorso di realizzazione di questo progetto di vita, poco spazio viene dato alle famiglie che sostengono il proprio familiare con disabilità, lo accompagnano quotidianamente nelle attività, lo supportano emotivamente e psicologicamente prendono delle decisioni per il proprio conto o per conto del figlio/fratello/nipote.
In occasione di questa giornata, vogliamo stimolare la riflessione partendo da questo slogan, ma affrontandolo e sviluppandolo mettendoci nella prospettiva della famiglia. Cosa significa per una famiglia stare accanto al figlio con disabilità? Come affrontano il quotidiano? Come immaginano un futuro per sé e per il figlio? Come possono sognare una vita piena e soddisfacente per tutti i suoi membri? Con quali forze? Solo le proprie? Con quali aiuti? Solo economici? E quale posto ha tutta la dimensione affettiva, relazionale e sociale?
La famiglia, lo sappiamo, è il sostegno portante di una persona. Se non ci prendiamo cura di tutti i membri di questa famiglia come possiamo auspicare che la persona con disabilità possa avere il meglio? Qui intendiamo la cura come “care”: non abbiamo a cuore solo la salute fisica (anch’essa importante, ci mancherebbe) ma vogliamo soffermarci sulla cura educativa e pedagogica di ogni singolo membro della famiglia, affinché tutti possano vivere pienamente la loro vita e che sia una vita soddisfacente. È fondamentale capire che il benessere di una persona con disabilità è strettamente legato al benessere della sua famiglia. Pertanto, è essenziale sviluppare strategie di sostegno che considerino l’intero contesto familiare, affinché possano affrontare le difficoltà quotidiane e pianificare un futuro sereno.
La solitudine delle famiglie con disabilità
Per comprendere l’isolamento che vivono molte famiglie, riportiamo alcune loro testimonianze condivise durante un percorso di Parent Training: «abbiamo avuto solo questo figlio, perché non volevamo che il fratello fosse concepito solo per prendersi cura di lui!», o ancora «la mia speranza come mamma è che mio figlio muoia prima di me, così sarò serena che non gli accadrà nulla di male». Parole forti, che non giudichiamo, ma che rappresentano un indicatore importantissimo di come sia immensa la solitudine in cui si trovano le famiglie con disabilità. I genitori sono lasciati soli, quel “dopo di noi” fa paura, perché non abbiamo contezza di chi si prenderà cura di quel figlio e come; ma spaventa ancora di più la quotidianità che non aspetta, anzi interpella e richiede azioni efficaci immediate perché fare scelte inadeguate può avere conseguenze importanti.
L’invisibilità delle famiglie si può manifestare sotto diversi aspetti: come isolamento sociale, mancanza di supporto, stress e depressione, difficoltà nelle relazioni all’interno della famiglia (tra la coppia, tra la coppia e i siblings, tra il figlio con la disabilità e il sibling) e in ultimo lo stigma e il pregiudizio che può portare a una maggiore sensazione di isolamento e a un ritiro dalle interazioni sociali.
Le famiglie possono sentirsi isolate a causa delle difficoltà nel partecipare a eventi sociali o attività di gruppo. I comportamenti o le necessità speciali del figlio/a possono rendere difficile interagire con altre famiglie, creando un divario sociale. Non tutte le famiglie hanno accesso a risorse adeguate, come servizi di supporto psicologico, gruppi di sostegno o programmi terapeutici. Questo può portare ad una sensazione di impotenza e solitudine, poiché i genitori si sentono spesso soli nel gestire le sfide quotidiane. I genitori possono sperimentare sentimenti di ansia, depressione e burnout, che possono ulteriormente complicare le relazioni interpersonali e la rete di supporto. La mancanza di attenzione o risorse per ciascun membro della famiglia può portare a conflitti e sentimenti di trascuratezza.
Riformulare il progetto di vita degli adulti, senza annullarlo
«Un essere umano che viene al mondo con una disabilità – affermava il professor Andrea Canevaro, padre della pedagogia speciale e dell’inclusione – deve poter sviluppare un proprio progetto. Questo deve appoggiarsi sul progetto degli adulti che gli vivono accanto. Per contribuire al progetto di chi sta crescendo, bisogna conoscere i progetti di chi gli vive accanto. Il malinteso può essere ritenere che questi progetti possano essere annullati e sostituiti dalla realizzazione del progetto di vita di chi sta crescendo». È importante riformulare il progetto degli adulti, fornire gli strumenti per realizzarlo adattandolo al meglio della situazione, supportandolo fattivamente ed emotivamente.
Un aspetto fondamentale collegato a tutto questo riguarda la formazione e la sensibilizzazione della comunità; riguarda l’idea che i servizi socio-assistenziali non dovrebbero occuparsi solo della persona con disabilità in tutte le fasi della sua vita, ma anche di coloro che sono al suo fianco tutti i giorni. Significa mettere in atto azioni volte a promuovere e migliorare le capacità genitoriali, stimolando ciascun membro della famiglia a riconsiderare sé stesso sia nel ruolo di genitore, di fratello/sorella (sibling), di nonno/a (oggi si parla di Grand-Parent Training), sia come persone con interessi, desideri e obiettivi personali.
Comprendiamo bene che tutto questo potrà realizzarsi solo mettendo in campo azioni volte al riconoscimento del diritto ad una vita piena e soddisfacente per tutta la famiglia in cui è presente la disabilità. A pensarci bene, l’obiettivo di realizzare i propri bisogni (non solo quelli primari) e raggiungere un benessere tale da rendere la vita degna di essere vissuta non è forse il desiderio ultimo di ogni uomo/donna?
Se comprendessimo appieno che il progetto di vita di una persona è unico, individuale, soggettivo, avremo poggiato la prima pietra per costruire una società inclusiva che sappia darsi e dare gli strumenti affinché ciascuno e ciascuna possano realizzarsi secondo i propri desideri e aspettative anche in considerazione delle proprie caratteristiche peculiari. In questa direzione si muove il movimento del Design for All, che mira a diffondere una sempre maggiore attenzione e sensibilità nei confronti della progettazione inclusiva, e a far comprendere le implicazioni sociali e i benefici sulla qualità della vita di tutti e ad evidenziare i vantaggi competitivi ed economici.
Questa è la società del futuro che immaginiamo!