01 Ott 2014

Energia che viene e che va

Messaggio anonimo n. 31

Campregheri (Trento). Sul contenitore di pile usate, tre cartelli messi in tempi diversi: «Pile esauste», «Pile esaurite», «Pile scariche».

Dicono la stessa cosa, eppure c’è chi ha ritenuto sbagliato (o incongruo o antiquato) un modo di dire, promuovendone un altro che riteneva più corretto (o più azzeccato o più attuale). Sarebbe interessante scoprire chi ha preso l’iniziativa di ogni nuovo cartello (senza peraltro sostituire il precedente): un linguista fustigatore di errori? un nuovo assessore desideroso di lasciare la propria impronta? un burocrate che voleva dimostrare di non rubare lo stipendio? o un rottamatore che non sapeva più come insultare le pile?

Il problema è che, dopo tre cambiamenti, neppure noi ce la facciamo più. Come la pila. Così decidiamo di partecipare al gioco, permettendoci di suggerire nuove aggettivazioni, in vista di futuri cartelli. Queste che seguono iniziano tutte per “s”: scialba, sfatta, sfibrata, sfinita, spompata, stanca morta, stremata,
stressata, svuotata
. Queste per “d”: debilitata, depressa, distrutta. Queste altre per “a”: affaticata, anemica, a pezzi. Queste invece per “i”: illanguidita, indebolita, infiacchita. Poi ci sono anche estenuata, fusa, logorata, prostrata… E perché non stra-volta, in omaggio al suo inventore?

È paradossale che una pila senza energia possa trasmettere energia creatrice. Speriamo almeno che, dopo questi tentativi di umanizzazione, la pila capisca quanto le vogliamo bene. E che cominci a volercene un po’ pure lei, impiegando più tempo a scaricarsi.

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