Far sentire ai più poveri che possono avere fiducia in qualcuno. Il senso del fare volontariato

Intervista a Fernando Tapia, da dieci anni volontario della Comunità di Sant'Egidio a Roma

In questa intervista esploreremo la missione di Sant’Egidio, una comunità laica cattolica che dal 1968 si dedica a servire le persone più povere emarginalizzate. Otterremo spunti di riflessione da Fernando Tapia, che da dieci anni è volontario con Sant’Egidio. 

Come sei diventato un volontario di Sant’Egidio?
«Dopo che ho finito gli studi in pedagogia sociale, ho fatto un corso come consulente familiare e ho collaborato come volontario per 8 o 9 anni in un consultorio familiare di Roma, ma volevo fare un cambiamento nel mio servizio e una amica mi ha chiesto di conoscere la Comunità di Sant’Egidio, così sono arrivato lì…».

Che tipo di lavoro fai come volontario di Sant’Egidio?
«Il giovedì, in genere, faccio parte del gruppo che porta le “Cene itineranti” agli amici che vivono per strada nella zona del Tuscolano, al Quadraro. Lì seguiamo più o meno 50 o 60 amici che dormono per strada, in roulotte o in macchina.
Il venerdì in genere vado a servire la mensa a palazzo Migliori, un palazzo che c’è di fronte al colonnato del Vaticano, dove Papa Francesco ha aperto una casa d’accoglienza e dove ci sono adesso circa 35 amici e amiche che prima dormivano per strada. A volte mi tocca accompagnare qualche amico a fare la doccia il sabato mattina».

Qual è, secondo te, l’aspetto più importante della missione dell’organizzazione?
«Riguardo agli amici poveri e più fragili della società, credo che la missione più importante sia di accompagnarli, proteggerli e cercare di aiutarli favorendo la loro dignità e portandoli anche ad avvicinarsi a Dio».

In che modo Sant’Egidio affronta le questioni di povertà e giustizia sociale?
«È un lungo percorso, dovresti seguire la nostra pagina web santegidio.org: ci sono tantissime attività che si cerca di promuovere in Comunità, dall’accompagnamento agli anziani soli, ad aiutare quelli che vanno in case di cura, ai bambini, tanto quelli di strada, come quelli di famiglie povere. Si lavora anche con bambini nomadi o con i minorenni non accompagnati che arrivano con i flussi migratori».

Quali sono le sfide più grandi che affronti come volontario di Sant’Egidio?
«Credo che la sfida sia doppia: da una parte dare il meglio di me in tutti i servizi che mi tocca svolgere, dai servizi d’accoglienza ai servizi più vari con gli amici di strada. Ma a me sembra anche molto importante cercare di proteggere i miei confini personali per non essere “mangiato” di tutte quelle attività che la comunità offre e che mi possono far perdere la vita privata e i miei tempi di riposo».

Il tuo impegno con Sant’Egidio fa la differenza nella vita di coloro che assisti?
«Credo che il gran regalo che Sant’Egidio fa ai nostri amici di strada sia far sentire loro che possono avere fiducia in qualcuno. Sentire che se vogliono uscire da quel momento buio che vivono, possono contare con qualcuno che li accompagnerà e aiuterà in quello sforzo. In tanti sensi noi diventiamo la famiglia di tanti amici poveri.

Puoi raccontarmi di un’esperienza particolarmente significativa o incisiva che hai avuto come volontario di Sant’Egidio?
«Seguo da anni un caro amico che ha 62 o 63, anni con il quale si è creata una amicizia molto speciale. Tante volte mi chiama o lo chiamo io, solo per fare una chiacchierata, tranquilla e in amicizia. Delle volte andiamo verso il centro per girare per Roma e lui vive momenti di felicità molto belli, godendo quegli angoli romani così belli e pieni di turisti. In tutti questi anni, sento che lui in modo molto particolare è entrato nel mio cuore, maturando una relazione di amicizia che porta la luce di Gesù, secondo me».

In che modo Sant’Egidio collabora con altre organizzazioni o istituzioni per raggiungere i suoi obiettivi?
«ipende sempre da quale sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere. Comunque Sant’Egidio ha una grande organizzazione interna, fatta solo da volontari, che cerca di promuovere e rafforzare questo “tessuto relazionale” con le diverse istituzioni. Sappiamo che l’unico modo di poter fare cose grandi e importanti passa per la mutua collaborazione tra le istituzioni».

Cosa pensi che distingua Sant’Egidio da altre organizzazioni sociali e caritatevoli?
«Nella chiesa di oggi e nel mondo contemporaneo, ogni istituzione ha un carisma particolare e un contributo specifico da dare. Sento che noi, come comunità, riusciamo ad affrontare tante cose così diverse, perché c’è un lavoro organizzativo che è molto importante e permette coordinare nel migliore dei modi energie e capacità dei volontari nelle sfide che realizziamo».

Come possono le persone sostenere il lavoro di Sant’Egidio? 
«Credo che seguire la pagina web sia già un buon inizio, per conoscere quello che la comunità fa. Chi vuole potrebbe avvicinarsi in qualche comunità nel territorio per conoscere quello che fa, perché le attività cambiano di settore in settore: scuola per la pace, cene itineranti, scuola d’italiano per stranieri, viva gli anziani, lavoro con gli amici disabili, momenti di preghiera…È molto variata la proposta che ha la comunità, pertanto chi vuole aiutare e servire anche i fratelli più bisognosi, può trovare il suo spazio di servizio e d’incontro con i fratelli, tanto nel servizio, come nella preghiera e nell’amicizia di vivere un esperienza che possa fare anche del bene a me».

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