Fellini tra cielo e terra: un regista alla ricerca di qualche cosa in cui credere

«È un legame, una relazione che a volte appare e a volte si nasconde nelle pieghe della vita». Queste le parole del professor Renato Butera, in merito alla relazione tra Federico Fellini e il sacro

Il 5 Maggio all’Università Pontificia Salesiana ha avuto luogo il convegno “Fellini tra cielo e terra. Testimonianze e studi sul sacro in Federico Fellini”, che ha approfondito il legame tra il famoso regista riminese e la sacralità; un rapporto complicato, a volte controverso e poco indagato.

L’evento si è svolto in due parti fondamentali: un primo momento seminariale e un secondo di Gala di omaggio a Fellini, in cui sono intervenuti diverse personalità della scena cinematografica e giornalistica romana. Le testimonianze sono state intervallate da intermezzi musicali del Sebes Trio.

Molto significativo anche il dialogo tra Vincenzo Mollica e Fabio Zavattaro e la produzione del video “Fellini il Sacro”, realizzato dagli ex studenti della facoltà di Scienze della Comunicazione Sociale.

Di seguito, un’intervista al professor Renato Butera, docente di Storia del Cinema e Linguaggi Cinematografici alla facoltà di Scienze della Comunicazione Sociale e tra i principali organizzatori dell’evento, con lo scopo di scavare più a fondo nella rappresentazione del sacro in Fellini.  

Alla luce di quanto è stato detto nel convegno, come si può descrivere il rapporto tra Fellini e il sacro?

«È un legame, una relazione che a volte appare e a volte si nasconde nelle pieghe della vita. Ma quale espressione spirituale non si è mai nascosta o non è mai stata anche vissuta in questo modo, con questo sentimento intimo?

È importante notare come l’esperienza del rifiuto da parte della Chiesa del film “La Dolce Vita” segni uno spartiacque nella vita e nella produzione cinematografica di Fellini: prima il suo cinema era caratterizzato da un forte sentimento religioso e spirituale, dopo ha attraversato una varietà di stagioni che sono andate dalla delusione alla ricerca di nuove forme di spiritualità, per un ritorno intimo vissuto nel privato, ma manifestato in quelli che erano alcuni elementi forti del suo cinema; basti pensare a film come “La nave va” o “Ginger e Fred”, ma soprattutto a “La voce della luna” in cui si nota un ritorno ad una indagine spirituale sempre più evidente». 

 In che modo Fellini viveva la fede nell’intimità della sua vita privata?

 «Questo è molto difficile da dire. Da quello che sono riuscito ad apprendere grazie a video, interviste o libri scritti su di lui, possiamo supporre che, essendo Fellini un romagnolo, egli abbia vissuto e maturato come tanti altri suoi coetanei e conterranei della terra di Romagna quell’idea che la fede e la religione fossero cosa di donne.

Ecco, quest’idea c’è in Fellini, ed è sostenuta da una presenza femminile religiosa molto forte, che è sua moglie Giulietta Masina: costei ha vissuto sempre in modo stabile la propria fede, al contrario del marito, che è invece passato attraverso diversi stadi di ricerca spirituale. Nonostante questo rapporto un po’ altalenante con la Chiesa, Fellini usava però affermare: “sono nato in una terra dove il cattolicesimo ci ha caratterizzati e ci ha forgiati. Come posso non dirmi cattolico?”»

Qual era il messaggio del video intitolato “Fellini il Sacro”, realizzato dagli ex studenti della facoltà di Scienze della Comunicazione sociale?

In quasi tutta la sua cinematografia, anche quella prodotta dopo “La dolce vita”, il regista parla di umanità e racconta un bisogno di redenzione forte, ma soprattutto una grande necessità di riconoscersi, di rivedersi all’interno di un circo – altro tema immaginifico della sua opera – in cui ognuno svolge la propria parte. Quel circo è metafora della vita. Fellini sta cercando qualcosa in cui credere, e vuole dare un senso umano alla sua cinematografia e alla sua stessa vita. Ecco, il film “I clown” ha voluto mostrare in fondo questo tema, presente in maniera più o meno evidente in tutta la cinematografia di Fellini e che aveva bisogno solamente di essere riscoperto per emergere».

Secondo lei, oltre a Fellini ci sono altri registi che hanno (o hanno avuto) questo particolare rapporto con il Sacro?

«Ce ne sono tantissimi: mi viene in mente Tarkovskij, con le sue grandi visioni spirituali e religiose presenti in tutta la sua cinematografia; Ingmar Bergman, il quale vive con profonda contrarietà e insoddisfazione il suo rapporto con la fede, profondamente in crisi, ma sempre alla ricerca; Martin Scorsese, che ha messo in pratica tutta la sua formazione teologica e spirituale raccontando casi di vite al limite, ma bisognose di redenzione; mi viene in mente Paul Schrader che ha fatto della spiritualità e della trascendenza un leitmotiv di quasi tutta la sua produzione cinematografica».

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