06 Giu 2020

Finsta: l’account falso ma reale. Che ci difende meno di quello che pensiamo

I giovani creano account falsi su Instagram per esprimersi liberamente, senza preoccupazioni. Ma ci sono comunque almeno due rischi

La generazione dei millennials ha familiarità con la parola Finsta. È un termine abbreviato, che sta per Fake Instagram e indica un account Instagram secondario, utilizzato da adolescenti e giovani adulti per pubblicare post più reali e sinceri da condividere solo con amici intimi, senza preoccuparsi di ciò che pubblicano.

Negli ultimi anni, Instagram è diventata un’applicazione ampiamente utilizzata dagli adolescenti ed è diventata importante per lo status sociale dei giovani di oggi. Non si tratta solo di scattare una foto e pubblicarla. C’è un processo di preparazione, con la scelta di una buona posizione, una posa e un abito diversi. E poi si tratta di abbellire e stilizzare con i filtri, prima di caricarlo su Instagram. Tutto questo per ricevere “Mi piace” e condivisioni numerose.

 

Instagram ora ha 1 miliardo di utenti attivi mensili. I primi tre paesi che usano Instagram. Stati Uniti (116m), India (73m) e Brasile (72m). È la seconda rete più diffusa dopo Facebook, con oltre il 60% degli utenti che accedono ogni giorno. Il 75% degli utenti ha 18-24 anni. Un fatto interessante da notare è che il 68% degli utenti su Instagram sono donne. Cristiano Ronaldo è l’utente Instagram più seguito con 149 milioni di follower. Supera Selena Gomez, che attualmente conta 144 milioni di follower

 

Alcuni usano i Finsta per tenersi alla larga dagli occhi dei genitori e degli adulti. Usano persino nomi segreti per evitare la loro identità. Questo modo di procedere permette loro di dare sfogo alle proprie emozioni, chattare personalmente con i loro amici più cari, sulla vita, sulle questioni personali e sulla sessualità. Anche se falso, è ricco della ricerca della loro originalità, protezione per rivelare il loro io interiore e far uscire le loro turbolenze emotive. Finsta aiuta i giovani a esplorare la loro identità e la gestione delle impressioni nel contesto e nel pubblico creati.

Una ragazza di 17 anni, Katrina Vogel di Fort Lauderdale, in Florida,  ha un lavoro part-time ed è immersa nel processo di ammissione al college. Ha un Finsta, così come i suoi amici intimi, che segue e le permette di seguirla. La sua regola empirica per cosa pubblicare su Finsta: “Pubblico davvero solo ciò che so non tornerà e non mi morderà.”

 

In uno studio condotto dall’American Journal of Preventative Medicine, i partecipanti che utilizzano regolarmente Facebook hanno riportato tre volte l’autocontrollo percepito (PSI) rispetto dai non utenti. La dipendenza emotiva dai social media pubblici è già problematica: la segretezza, l’immagine non filtrata ed emotiva dei Finstas incoraggia l’uso costante, stimola una dipendenza malsana dalla sovra-condivisione online. Invece di uno sbocco, i Finsta diventano una stampella e poi una prigione.

Il nome utente e la password di qualsiasi account di social media, indipendentemente dal fatto che abbia impostazioni di privacy o esclusività forti, non possono garantire la riservatezza dei post o l’affidabilità di coloro che li visualizzano. I giovani dovrebbero essere consapevoli che non ci sono muri che non possono essere abbattuti nel mondo dei social media.

 

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