
Sulayman stringe forte tra le mani la chiave della sua nuova casa. Non se ne separa. Per lui non è solo una chiave. È l’inizio di una nuova vita. La storia di Sulayman è quella di tanti altri giovani rifugiati che, dopo un doloroso viaggio, cercano un posto nel mondo. Ma questa volta c’è una differenza. Qualcuno ha creduto in lui. E non gli ha dato soltanto un lavoro, ma anche un tetto. Non è un episodio sporadico, legato a rapporti personali. No: il ragazzo gambiano è il primo giovane rifugiato che rientra nell’innovativo progetto di welfare abitativo realizzato da Renner Italia e Opera Salesiana di Castel de Britti. Succede a Minerbio, alle porte di Bologna. Da quelle parti offrire contratti di lavoro stabili e soluzioni abitative ai giovani rifugiati rappresenta un cambio di paradigma. Lì l’immigrazione non è vista come un’emergenza. Diventa opportunità. Una risorsa per il sistema produttivo e una speranza per chi sogna un futuro dignitoso.
Le imprese non trovano operai
Le fabbriche italiane cercano operai, ma non li trovano. Le imprese faticano a reclutare personale per mansioni manuali. Gli italiani rifuggono. Secondo il Centro studi di Confindustria (agosto 2024), il 58,9% delle aziende incontra difficoltà nell’assunzione di manodopera. D’altro canto, giovani migranti fuggiti da guerre e povertà desiderano lavorare e costruire un futuro. Scorgendo un panorama del genere, per dirla con le parole del cardinale Matteo Maria Zuppi all’Istituto Salesiano San Zeno in occasione di Esposizione Capolavori 2025, «uno normale darebbe delle risposte, perché è un peccato buttare via le risorse. Se uno ha qualcosa che può dar lavoro e dare futuro – ha commentato il presidente della Cei –, non la posso buttar via». Renner Italia, impresa che produce vernici industriali, non lo ha fatto. Ha lanciato un modello innovativo di welfare aziendale, che parte dal lavoro e arriva alla casa, elemento cruciale per la stabilità e l’integrazione.
Il caso Renner Italia
Se neanche Renner non trova manodopera, è allarme. Serio. Da sempre in Renner Italia sono istituite 14 mensilità (il contratto nazionale che ne contempla 13). Ogni anno tutti i dipendenti ricevono un premio di circa 1.700 euro e 700 euro di welfare. La società ha deliberato maggiorazioni di 200 euro per chi va a lavorare volontariamente di sabato. Inoltre, Renner è stata tra la prime realtà in Italia a varare la settimana corta, ovviamente a parità di stipendio e monte ferie. «Diciamola tutta: buona parte degli italiani non ha più voglia di fare l’operaio», si rammarica l’amministratore delegato Lindo Aldrovandi, «nonostante da noi le condizioni siano molto più vantaggiose di quelle previste dal contratto nazionale della chimica. D’altro canto, ci sono persone che fuggono da guerre e povertà. È gente che chiede la possibilità di lavorare. Basta fare due più due».
Il nuovo welfare abitativo
La via intrapresa da Renner tende a dare risposta al problema aziendale del recruitment. Obiettivo: assicurarsi continuità nella produzione. Simultaneamente Renner trova una soluzione al dramma abitativo per i migranti. Bello, buono, ma non c’è nulla di ideologico. È puro pragmatismo. A Bologna i prezzi degli affitti sono esplosi (+20,2% l’incremento anno su anno), rendendo quasi impossibile trovare un alloggio per un italiano. Figurarsi per chi arriva dall’altro capo del mondo. Renner ha deciso di intervenire direttamente, recuperando un vecchio immobile a Minerbio per trasformarlo – con un investimento di 350.000 euro – in otto posti letto per i suoi lavoratori migranti».
La formula è semplice, ma efficace: un canone d’affitto simbolico, che rende chiaro ai ragazzi che la permanenza è temporanea e che il traguardo è l’autonomia. È un welfare che non si limita ad aiutare, ma che responsabilizza e prepara al futuro. La possibilità di fruire di questi alloggi dura tre anni: 150 euro al mese il primo anno, poi 170 e 200 euro.

La collaborazione con l’opera salesiana
Il canone viene totalmente investito nei progetti di formazione dell’Opera Salesiana de Britti. Il modello infatti non sarebbe possibile senza i salesiani che accolgono, selezionano e preparano. Renner ha deciso di investire nel Cnos-Fap non soltanto per il welfare abitativo, ma per avviare e sostenere un percorso specifico mirato alle assunzioni. A prescindere dalla casa, ogni anno 12 allievi potranno accedere alla nuova academy per acquisire competenze sui materiali, sulle attrezzature, sulla chimica delle vernici, sulla sicurezza, sulla cittadinanza. Un piano didattico di 16 settimane più 2 mesi di tirocinio remunerato. Il tutto finalizzato al contratto a tempo indeterminato. «Il progetto è ambizioso. Con Carlo Caleffi e il suo team abbiamo stretto una sinergia per una formazione mirata presso la struttura di Castel de’ Britti e presso un’”aula industriale” allestita nel nostro sito produttivo», conclude il manager di Renner Italia, Lindo Aldrovandi. «Siamo convinti che questo modello funzioni».
Un modello che genera valore per tutti: i migranti, che ottengono stabilità; le aziende, che trovano la forza lavoro necessaria; la comunità, che evita i costi sociali della marginalizzazione. Un esempio guardato con favore anche da Confindustria. Non a caso, il presidente Emanuele Orsini, in una lettera indirizzata ad Aldrovandi, ha sostenuto che «investire in progetti come questo significa contribuire non solo al benessere delle proprie risorse umane, ma anche allo sviluppo di una cultura aziendale attenta e responsabile. La Sua visione imprenditoriale è un esempio concreto di come l’industria possa essere un motore di cambiamento positivo per la società».
Qui il video con la testo con la testimonianza di Laika, che ha realizzato un grande murale per il progetto: