Lo scorso week-end è stato ancora uno dei più caldi per il presidente Macron e per i francesi che hanno subito l’ira dei ”gilets jaunes”. E la quarta volta in pochi giorni che questo movimento scende nelle strade di Parigi e in altre città per prostestare. Ma questa ultima – che ha preceduto i tragici fatti di Strasburgo – mostra che con il passare del tempo, il movimento si sta radicalizzando con violenze e scontri fra manifestanti e polizia. Il bilancio è pesante: questa volta, secondo il ministero dell’Interno, c’è stata una participazione di oltre 140.000 persone in strada per manifestare, almeno 1.082 fermi di polizia, di cui la metà rilasciati solo la domenica. Con questa manifestazione, secondo la direzione generale della salute, ci sono stati almeno 179 feriti. E l’indomani si potevano vedere auto e gomme bruciate, negozi saccheggiati e tracce di una vera e propria battaglia.
A questo punto c’è una “guerra” di numeri fra lo Stato e i ”gilets” gialli, che dicono di essere stati molti di più a manifestare, al contrario delle ciffre fornite dal ministero dell’interno. E’ un fatto che si ripete, e non solo in Francia, in queste occasioni. A chi credere? C’è una guerra mediatica sul fenomeno dei ”gilets” gialli, che mira a sminuire il movimento e salvare la Repubblica?
La contesa si svolge anche sui media francesi, fra cui alcuni, come Le parisien, sostengono che la mobilitazione e i disagi sono stati di meno in questo week-end ed identificano il movimento con le violenze e i vandalismi, o altri per i quali il movimentoo sta perdendo forza, perché fra i manifestanti molti non sono d’accordo e i francesi sono stanchi di tutto ciò. Comunque, senza dubbio, malgrado le violenze dello scorso fine settimana, è sempre una mobilitazione di massa, come titola Le monde. Ogni media, infatti, tratta la notizia secondo la sua linea editoriale, chi per screditarla e chi per accusare Macron e il suo governemento di fallimento.
E anche i sondaggi danno risultati molto diversi da un istituto all’altro, rendendo difficile capire a chi affidarsi. Le ricerche dei sondaggi non sembrano essere d’accordo non solo sui numeri delle persone che si sono attivate, ma anche sul consenso dei francesi. Ad esempio, mentre per Odoxa l’84% dei francesi è d’accordo con il movimento, per Ifop il sostegno dei francesi è molto più basso, perché secondo questo istituto statistico sono sono 17 su cento i francesi che sono d’accordo con il movimento, mentre il 32% non sono d’accordo e 51% che sostengono i ”gilets gialli” identificandosi. I sondaggi, inoltre, legano i movimento all’estrema destra politica, mentre Odoxa lo vede più sociale come una manifestazione civile non politica dei cittadini.
In verità c’è una grande distanza fra ciò che dicono i media e il parere dei francesi, che sotto la “coperta” dei gilets jaunes gridano il loro ”ras-le-bol” (malcontento) a riguardo delle tasse imposte dalla politica di Macron. E malgrado gli incontri dei rappresentati dei ”gialli” con il primo ministro e sindacati, e il discorso televisivo di Macron per pacificare gli animi dei manifestanti, i gilet non si sentono ascoltati, al punto di volere proseguire la loro lotta.
E se alcuni partiti cercano di sfruttare la situazione per i propri scopi, e i media di commentare la situazione spesso secondo la loro visione politica, il movimento dei “gialli” appare comunque come un movimento di carattere sociale, che non si è appoggiato su nessun media tradizionale, ma solo sui social network. Il movimento è stato spontaneo senza una guida politica o un sindacato. Un sollevamento, una ribellione popolare iniziata contro l’aumento del prezzo della benzina per diventare poi un rifiuto della politica economica e sociale di Macron. E la mobilitazione, partita da un picolo gruppo, è diventata poi nazionale.
Ma come mai un movimento senza il sostegno degli antichi media (giornali, radio, TV) finisce per avere un cosi grande successo? Ancora una volta il movimento dei gilet gialli mostra la forza del social network nella lotta politica e sociale. Qui il leader è la rete stessa, che non è solo il medium con cui si convocano incontri o si alimentano discussioni, ma un vero e proprio strumento di lotta che i media tradizioneli ormai non riescono più a fermare. Non basta scoraggiare i manifestanti con articoli di giornali o trasmissioni televisive e radiofoniche, cioè con la classica battaglia mediatica, occorre soprattutto cercare di risolvere i problemi posti con una vera politica sociale per evitare che vi siano ancora altri week-end “in giallo e a fuoco” in Francia. Speriamo che l’ultimo discorso di Macron, e le intese su alcune richieste dei gilet servirà a placare gli animi.