“Ascoltare se stessi e gli altri”: è questa la chiave che racchiude il pensiero espresso dal seminarista della chiesa di Santa Maria Maggiore di Civita Castellana, Angelo Mattiucci. Fuciliere alpino da vent’anni, ha girato quasi tutto il mondo per il suo lavoro, finchè sei anni fa ha deciso di stravolgere totalmente la sua vita iniziando il percorso da seminarista ed entrando a contatto con i giovani della parrocchia.
La parrocchia di Civita Castellana ogni anno organizza campi estivi, invernali ed il Grest (Centro estivo), occupandosi principalmente dei ragazzi dall’età di dieci anni all’età di venti ed accompagnandoli in un percorso educativo, formativo e spirituale attraverso i sacramenti della comunione e della cresima.
Nei centri estivi della parrocchia e nei campi estivi e invernali della diocesi che comprendono oltre 350 ragazzi, i seminaristi come Angelo ricoprono il ruolo fondamentale di educatori. «L’anno scorso il campo estivo si è svolto in Puglia seguendo la scia di Don Tonino Bello: abbiamo visto insieme ai ragazzi tutto ciò che lui ha lasciato, attraverso le testimonianze del suo agire pratico. Spesso portiamo i ragazzi a visitare realtà distanti dalla nostra, per farli riflettere sul confronto tra le diverse realtà. Durante il campo affrontiamo con i ragazzi varie tematiche a livello personale, di amicizia e del rapporto con il Signore». Angelo ha così spiegato le attività che si fanno nei campi estivi, ritenendo che «i ragazzi hanno bisogno anche di queste esperienze, che per loro sono molto positive e non è vero che i ragazzi di oggi hanno una mentalità lontata dalla chiesa, ma sono come un terreno che continuamente ha bisogno di essere annaffiato, coltivato e nutrito perchè è molto facile perderli».
«Con i ragazzi tutto inizia con i ragazzi con la domanda: perchè? è una delle domande fondamentali di ogni persona ed essendo i ragazzi molto curiosi è la prima domanda che mi fanno, quando scoprono che prima ero un soldato». È da questo istante che, secondo Angelo, inzia la sua realzione con i ragazzi.
Il metodo per comunicare al meglio con loro è un metodo che ha definito “naturale” ovvero l’ascolto. Secondo il seminarista, infatti, l’approccio migliore che si può avere con i ragazzi è «l’ascolto: scendere al loro livello, ma non rimanerci, in modo tale che possano riflettere, crescere e capire la bellezza della vita e dell’esperienza».
Angelo sottolinea che non è semplice per un adulto applicare questo metodo perchè «le persone adulte si relazionano con le persone adulte ed applicano un metodo più maturo. Per loro è diffcile quindi mettersi in gioco con i bambini, è sicuramente faticoso, ma anche divertente».
Questo metodo naturale lo ha imparato con il tempo, grazie alle sue esperienze da fuciliere alpino. Ritiene che «sono state proprio le mie esperienze nei luoghi di guerra che mi hanno dimostrato le differenze con l’Occidente, la povertà da una parte e la ricchezza dall’altra, infatti noi non ci accontentiamo mai, pur avendo tutto e loro si accontentano di tutto non avendo niente. Il modo di agire e di vedere le cose in modo diverso è quello che mi permette di prendere il meglio dalle persone. Se una persona non è ricca economicamente, può insegnarti tanto nella sua povertà. Molti ragazzi, soprattutto in Italia, stanno bene economicamente e vivono in un mondo in cui non manca nulla rispetto a contesti diversi, di guerra, in cui i bambini giocano con una latta di rame, con bastoni di legno e pietre, si accontentano di poco. Anche questo cerco di trasmettere ai ragazzi, ovvero la semplicità del gioco».
Proprio il gioco è alla base dei campi estivi. Soprattutto se si ha a che fare con i ragazzi il gioco è uno strumento fondamentale, attraverso il quale gli educatori possono comunicare con loro. Infatti Angelo spiega che «il gioco è un mezzo di comunicazione, il gioco è fare squadra, è importante perchè ti permette di essere creativo, di sviluppare la fantasia», soprattutto in questo periodo in cui la tecnologia ha preso il sopravvento. «Il gioco con la tecnologia è focalizzarsi su se stessi – io e il cellulare, io e il tablet – invece nei giochi di squadra si faceva amicizia, si creava un alleanza, si instaurava una fiducia diversa, si creava il legame tra le persone e ci si conosceva, ma soprattutto si imparava a conoscere se stessi. Invece adesso si fa più fatica a conoscere l’altro, ad esprimersi, a mostrare se stessi, perchè molti si concentrano sul gioco elettronico. Mi sono accorto spesso che come inizia la pausa pranzo la prima cosa che si fa è prendere il cellullare e ti rendi conto come già da piccoli sono schiavi della tecnologia. Così io la prima cosa che faccio quando inizio un’attività è ritirare tutto ciò che è elettrico, perchè mi piace che tra di loro ci sia il contatto, il confronto ed il gioco».
Angelo, con la sua esperienza, ha riscontrato una grande diffcoltà con i ragazzi: il rispetto delle regole. Infatti secondo lui «i ragazzi fanno fatica ad accettare le regole. Per loro la regola è come tenerli chiusi, bloccati. Questo perchè i ragazzi vivono le regole dei grandi e sono a mio parere troppo protetti dai genitori, i quali, invece di insegnarli la vita che poi da grandi si troveranno ad affrontare, diventano lo scudo dei figli. Questo da una parte è positivo, perchè un genitore deve trasmettere ai figli l’amore e la protezione, ma a volte è anche deleterio, perchè poi i ragazzi hanno costantemente paura di affrontare le piccole difficoltà».
La sostanziale differenza si nota nel processo evolutivo: negli anni ’80 in cui è cresciuto Angelo i ragazzi nascondevano ai genitori ciò che facevano, invece quell di oggi si rifugiano dai genitori stessi. «Tenere un segreto è faticoso per loro»: non vale per tutti – molti sono maturi e furbi – ma in linea generale questo cambiamento si nota. La chiave che Angelo usa per riuscire a sovrastare questa difficoltà è la più antica di tutte: dare l’esepio. Infatti «sono io il primo a rispettare le regole e vedendomi loro capiscono che non è così grave, non è così faticoso e non è così pauroso e comprendono che la regola non ci priva della libertà, ma permette al gioco di essere migliore e più divertente».
«I ragazzi di oggi sotto alcuni aspetti sono molto più intelligenti, ma sono anche molto fragili e hanno meno fiducia nel prossimo». Questa è una difficoltà che l’educatore si trova ad affrontare, dice Angelo, ad esempio «è capitato che se ci troviamo in campagna a camminare ed un ragazzo ha difficoltà ha salire su un sasso noi tendiamo a darli la mano per aiutarlo, ma lui risponde dicendo che ce la fa da solo. Ed è lì che si percepisce la diffidenza, il ruolo nostro di educatori è proprio dimostrare che di noi possono fidarsi e fargli ritrovare la fiducia nell’altro».
«capisci di aver fatto bene l’educatore quando iniziano a cambiare perchè i bambini sono come delle spugne» spiega inoltre Angelo, ed infatti proprio quando vede i loro comportamenti cambiare, maturare e crescere si sente sopreso e commosso ed è come «un ringraziamento che loro involontariamente ti trasmettono per tutto quello che tu hai fatto per loro, ed è questo che ti da la forza di fare ancora meglio».
In ogni caso, «la comunicazione con i ragazzi attraverso il gioco è in continuo cambiamento, lo stile comunicativo cambia sempre: siamo noi educatori che dobbiamo aggiornarci» aggiunge Angelo: in particolare è il linguaggio che cambia in continuazione e loro spesso «non hanno dei paletti educativi e a volte esagerano con il linguaggio anche a sfondo sessuale. Io cerco di educarli, spiegandogli che sono argomenti delicati, seguendo sempre il metodo dell’ascolto abbassandosi al loro livello, senza rimanerci e portare loro al livello più alto».
Purtroppo l’emergenza Covid-19 ha bloccato anche le attività parrocchiali e quindi quest’anno non ci saranno centri e campi estivi ma Angelo non si lascia perdere d’animo e lancia un messaggio a tutti i suoi ragazzi: «dovete avere sempre speranza nella vita e fiducia nell’altro che è sempre bello. Nella vita è importante ascoltare, ascoltare gli altri ma soprattutto se stessi».