La notizia data da Anton Filippo Ferrari, giornalista romano, su una gigantesca ragnatela da ragni del genere Tetragnatha, che ha ricoperto 300 metri quadri (di alberi, arbusti, erba e quant’altro è apparsa sulla costa) in Grecia, nella città di Aitoliko, ha attirato l’attenzione dei lettori del sito TPI.it. Anche la mia, perché in tutta la mia vita ho visto tante di queste sottili tele, costituite da fili microscopici, ma non ho mai saputo che ce ne fosse una così grandissima.
Invece, fuori dal mondo dei ragni, sono consapevole che c’è, nel nostro mondo, una ragnatela fatta dagli uomini con oltre 1,2 milioni di chilometri di cavi sottomarini, per portare in tutto il mondo Internet. Una rete tessuta in tal modo che tutti i cinque continenti si collegano tra loro. Una rete cablata che per molti aspetti assomiglia ad una ragnatela, che sta crescendo sotto i nostri occhi e che pensiamo di avere sotto controllo. Ed invece scopriamo che siamo noi ad essere controllati anzi, intrappolati.
I social network «hanno apportato dei profondi cambiamenti nell’ambito della comunicazione tra gli adolescenti, non più verbale, ma scritta e per video e immagini, oggi accompagnata soprattutto da messaggi vocali, usati perché si fa prima e non si ha voglia di scrivere», ha scritto Maura Manca, psicologo clinico e psicoterapeuta nel suo libro “Generazione hashtag. Gli adolescenti disconnessi”. Infatti «l’utilizzo della rete passa sempre più attraverso l’intermediazione dei social network, che assumono un ruolo centrale in tutte le attività considerate, dall’informazione alla comunicazione», sostiene lo studio “L’informazione alla prova dei giovani” che in Italia l’Agcom ha pubblicato a febbraio 2020.
Georgia Allegretti, nel suo articolo “Il narcisismo online. La comunicazione oltre il segno” ha scritto: «I social comunemente usati, soprattutto tra i giovani, sono principalmente tre: Facebook, che si caratterizza per la possibilità di pubblicare la propria immagine tramite foto, condividere “status” e altre informazioni, spesso non verificate né verificabili; WhatsApp, utilizzato per una comunicazione più diretta e simultanea tramite l’uso di una chat; Instagram, che permette gli utenti di scattare foto, applicare filtri e condividere su numerosi altri social network, compreso Facebook».
Secondo un sondaggio globale del 20 aprile 2020, i social network più popolari in tutto il mondo, ordinati per numero di utenti attivi (in milioni) sono: Facebook 2,498, YouTube 2,000, WhatsApp 2,000, Facebook Messenger 1,300, Weixin / WeChat 1,165, Instagram 1,000, Douyin/ Tik Tok 800, QQ 731, QZone 517, Sina Weibo 516, Reddit 430, Kuaishou 400, Snapchat 398, Twitter 386 e Pinterest con 366 milioni di utenti. Questi sono i mezzi di comunicazione dove attualmente si trascorrono tantissime ore al giorno: «sicuramente oggi siamo collegati tra noi molto meglio rispetto a prima, ma questo nuovo modo di essere in contatto ci fa davvero stare meglio? In base al nostro studio, la risposta è no», sostiene Manfred Spitzer, psichiatra tedesco, nel suo libro “Solitudine digitale. Disadattati, isolati, capaci solo di una vita virtuale?”.
Papa Benedetto XVI ha scritto nel 2011, un messaggio per la XLV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, intitolato “Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale”, dove sostiene: «la presenza in questi spazi virtuali può essere il segno di una ricerca autentica di incontro personale con l’altro se si fa attenzione ad evitarne i pericoli, quali il rifugiarsi in una sorta di mondo parallelo, o l’eccessiva esposizione al mondo virtuale. Nella ricerca di condivisione, di “amicizie”, ci si trova di fronte alla sfida dell’essere autentici, fedeli a sé stessi, senza cedere all’illusione di costruire artificialmente il proprio “profilo” pubblico». Allora, il rischio da evitare come utenti dei diversi tipi dei social network sarebbe, “non vivere intrappolati” in essi, cioè non lasciarli diventare come una gigantesca ragnatela.
Dice Papa Francesco: «non basta passare lungo le “strade” digitali, cioè semplicemente essere connessi: occorre che la connessione sia accompagnata dall’incontro vero. Non possiamo vivere da soli, rinchiusi in noi stessi», nel messaggio per la XLVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, nel 2014, sotto il titolo “Comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro”.
Il problema oggi è mettere al posto giusto i social network, non permettendop che essi diventino una trappola, piuttosto utilizzandolicome strumenti positivi per la comunicazione intrapersonale, per la evangelizzazione ecc.
Un prototipo di questo atteggiamento davanti alle reti sociali, è la posizione della Chiesa Cattolica, che cerca di trasmettere su questi mezzi: i valori universali, proporre una formazione integrale, spunti di coscientizzazione umana e cristiana, insomma, annunciare il Vangelo di Dio. A questo scopo, ci sono state molte iniziative creative per coinvolgere i giovani nella loro fede, ad esempio, all’inizio della Pasqua (11 aprile 2020), in Messico, è stata lanciata una sfida sui social che ha coinvolto i giovani messicani, la cosiddetta #BattesimoChallege, convocata da don Heriberto García, assessore della PAJ (Pastoral de Adolescentes y Jóvenes) della Diocesi di San Juan de los Lagos.
Don García, della parrocchia di San Ignacio del Loyola, ha sfidato i giovani con queste parole: «Oggi, sabato della Vigila Pasquale, per rinnovare il nostro Battesimo fatto nella Chiesa, verseremo su di noi un secchio pieno d’acqua, ma lo faremo con un senso, cioè dimostreremo che vogliamo lavarci la nostra coscienza e che vogliamo lasciare tutto nelle mani di Dio, che ci ha redenti e salvati con il sangue prezioso del suo fianco, e con l’acqua che ci lava. Perciò vi invito – e voglio sfidare soprattutto i giovani – a fare un passo avanti, e a continuare in questa lotta in cui il mondo ci sta mettendo. Quindi fate attenzione, questo si chiama BattesimoChallege».
Le Challenge «sono delle sfide che vengono lanciate sui social network allo scopo di essere diffuse e diventare virali». Le sfide si pubblicano su’Internet dopo essere filmate o fotografate, poi si taggano amici, sperando di dare il via al contagio. Ma non tutte hanno la stessa forza virale o popolarità. Tra quelle più famose si trovano: «la Mannequin Challenge, che consisteva nel filmare un gruppo di persone in situazioni comuni come in ufficio o in fila alla posta ma totalmente immobili, come congelate in un tempo sospeso».
Si può catalogare la BattesimoChallege tra le sfide minori, perché ha coinvolto soltanto un piccolo territorio messicano, comunque è diventata una Challege virale tra i giovani. È stata una sfida molto divertente, ma soprattutto una maniera originale di approfittare delle tendenze moderne per evangelizzare, nonostante la pandemia del COVID-19. Da casa i giovanni hanno fatto il BattesimoChallege, aggiungendo un momento celebrativo alla loro fede cattolica, durante la presente pasqua.
Un altro esempio dell’utilizzo dei social network in una maniera corretta, sono le trasmissioni in streaming della Santa Messa e delle principali attività pastorali, come fa Don Ildefonso García, laureato in Comunicazione Istituzionale della Chiesa presso l’Università della Santa Croce. Durante un’intervista, il 19 maggio scorso, ha dichiarato che la Chiesa Cattolica nella sua storia, si è servita dei mezzi di comunicazione per comunicare il messaggio di Dio. «Fin dall’inizio dell’evangelizzazioni tutti i mezzi sono stati utilizzati per portare il Vangelo, dunque anche oggi tutti i mezzi devono essere ai servizi dell’evangelizzazione. La Chiesa si sentirebbe colpevole davanti Dio, se non usasse questi strumenti nella sua missione». Oggi i social network stanno all’avanguardia e «per quanto riguarda la nostra Diocesi di San Juan de los Lagos, Messico, i social network più efficaci sono stati: Whatsapp, Facebook e YouTube, perché sono i più usati tra i nostri fedeli», afferma don Idelfonso.
Certamente «più importante della quantità delle nostre relazioni sociali è la loro qualità […] in un social network», come ha scritto Spitzer. In altre parole, la comunicazione sui social network è una spada di doppio taglio, da una parte ci serve tanto quanto sappiamo utilizzarli con responsabilità e controllo, dall’altra parte, possono distruggere la vita, facendoci schiavi, e invece d’essere dei mezzi per comunicarci, ci lasciano in isolamento e intrappolati nella rete. Ad esempio, una nuova tendenza tra i giovani, è il fenomeno della autoreclusione, inizialmente considerata una pre-rogativa Giapponese, dopo diffusa in Corea ed in Cina, è oggi presente anche nei paesi non asiatici, come negli Stati Uniti, in Australia ed in Europa; i cosiddetti hikikomori sono i soggetti che mettono fine a qualsiasi forma di comunicazione, anche quella con i propri familiari. Gli hikikomori sono più di un milione e mezzo, come ha dichiarato il professore Karin Bagnato nel suo libro “L’hikikomori: un fenomeno di autoreclusione giovanile”, sono delle persone che stano chiusi in casa da più di sei mesi.
I giovani e non solo, dovrebbero stare attenti a non cadere in questa prigione moderna: ci dobbiamo assicurare di non stare costruendo, neanche in maniera inconscia, la propria prigione o la nostra ragnatela.