Che cosa ci dice quel piccolo gesto di una mano assai esile che ci benedice, dipinta da Antonello da Messina, nel lontano 15° secolo, in quel capolavoro che è il Cristo Benedicente?
Viviamo nel paese più bello del mondo – soprattutto più ricco di arte – ma non sappiamo “leggere” i significati del bello che ci circonda, in particolare quando si tratta di arte, ma non solo. Se entriamo in una chiesa, difficilmente riusciamo a decifrare il significato di un affresco o di una pala d’altare, al massimo possiamo indovinare a quale episodio biblico si riferisce, ma senza sapere interpretare il significato.
Questo dipende da molti fattori. Il primo è che la maggior parte delle persone – anche quelle praticanti – non ha una cultura biblica sufficiente per attribuire un nome ai personaggi e un senso alle storie rappresentate. Il secondo che è la maggior parte delle persone non ha una cultura artistica che permetta di decifrare come un’opera è stata ideata e costruita, quali sono gli elementi originali e i particolari che la distinguono. Il terzo è, forse, il più devastante, perché non riguarda solo l’arte, ma tutte le immagini: per “vedere” un’immagine – nel senso appunto di coglierne i significati, apprezzarla, permettere che ci parli – è necessario guardala bene, osservarla attentamente. Invece noi – sommersi dall’incalcolabile numero di immagini di ogni tipo che ogni giorno ci raggiungono sui social, sui media, per le strade – siamo ormai abituati a “vedere” nel senso superficiale del termine: ce le facciamo scrollare tutte addosso e lasciamo che vadano via senza dare loro il tempo di parlarci. Le immagini richiedono un minimo di tempo, per essere guardate e viste.
Un gioco con due giocatori
Perché le immagini hanno tanto da dire. Anche quelle dell’arte, che forse percepiamo come le più lontane dalla nostra sensibilità. Ma che, fra l’altro, posso parlarci di Dio, e soprattutto del rapporto tra noi e Dio. Per questo è interessante – e coraggiosa – l’operazione che fa Gian Carlo Olcuire nel suo ultimo libro: “Vangeli festivi nell’arte. Luca-Anno C” (ed. Ave 2024): è l’ultimo di tre volumi in cui l’autore commenta il Vangelo di ogni domenica e delle feste attraverso un’opera d’arte (i due volumi precedenti prendevano in considerazione le letture dell’anno A e dell’anno B). E in copertina riporta proprio Quel Cristo Benedicente di Antonello da Messina.
Don Eugenio Bruno, nella prefazione al volume, scrive che «il modo in cui l’autore legge il Vangelo a partire da alcune opere d’arte può essere simpaticamente descritto come un “gioco”». Un gioco con due giocatori: uno è «Dio che nei Vangeli mostra la gioia del Regno e che dona suo figlio come apripista di quanti desiderano entrarvi, un Dio sempre nuovo e inafferrabile». L’altro è l’uomo, «che è poeta e artista e che, disegnando, dipingendo, scolpendo, cerca di afferrare qualcosa di questo Mistero per avere una luce che riscaldi il cammino» (p.6).
Attraverso l’arte, Dio e l’uomo si cercano e chi guarda l’arte può entrare nella dinamica di questo gioco, riscoprendo da una parte la bellezza dell’opera dell’uomo, dall’altra la bellezza della rivelazione. Così, possiamo riscoprire alcuni brani evangelici attraverso particolari illuminanti, che magari non avevamo mai notato e grazie ai quali il Battesimo diventa un «separatore fra un prima e un dopo»; i profeti sono amati da Gesù perché «non cercano di fare i simpatici»; il figliol prodigo ci insegna che la riconciliazione «deve rendersi concreta con dei gesti e degli sguardi». O possiamo ritrovarci a porci domande del tipo: perché l’arte contemporanea evita di mostrare i demoni in carne e ossa?
Insomma, “I Vangeli festivi nell’arte” può essere letto in molti modi, privilegiando l’aspetto culturale, quello artistico, quello spirituale, quello evangelico. In ogni caso, propone ogni domenica una provocazione che ci invita a guardare e vedere.