Rino Gaetano , una
mela che non marcisce sbalorditiva. Un artista musicale collocabile in
tante categorie, come ad esempio quella di spirito libero, poeta, cantante e chi
ne ha più ne metta. Uno di quegli artisti che venne apprezzato maggiormente
dopo la sua morte beffarda. Nasce in Calabria ma presto si trasferisce a Roma,
comincia a lavorare in banca e, proprio quando arriva il cosiddetto “posto
sicuro”, Rino ha la testa altrove. Inizia così, a girare per vari locali di
Roma, portando in giro canzonette strambe agli albori degli anni 70.
Uno dei primi incontri importanti è
quello di Vincenzo Micocci, all’epoca discografico della IT, forse il primo che
cominciò a credere realmente nelle sue capacità. Infatti nel 1973 Rino incise
il primo 45 giri, dal celebre titolo I love you Marianna, ma non accadde nulla.
Il pubblico di Gaetano, non riuscì e ad inquadrarlo in alcuna categoria
artistico musicale.
La svolta si ebbe però esattamente un anno dopo, quando Rino
incise “Il cielo è sempre più blu”. Il
brano rappresentava un connubio perfetto di canzone di protesta e canzone
d’amore, era infatti un testo romantico e spensierato. Ancora un anno ed uscì l’album
“Mio fratello è figlio unico” e con l’omonima canzone-etichetta, Gaetano diede
il via alla sua vena poetica sarcastica e bislacca, che lo caratterizzerà poi per
tutta la sua carriera musicale.
C’è chi lo ama. C’è chi lo odia. A lui non
interessa che ci sia alcun tipo di seguito nei suoi confronti, il suo
obbiettivo rimane sempre quello di poter dire in musica, tutto ciò che gli
passava in testa durante le sue giornate. Ecco che nel ’77 esce ancora un altro
album, “Aida”, che rappresenta forse il suo capolavoro massimo, tanto da
aprirgli le strade al 27° Festival della canzone italiana, Sanremo 1978, al
quale si presenta con il celeberrimo brano “Gianna”. Il pubblico è stupito. Si
classifica, infatti, al terzo posto vendendo mezzo milione di dischi e continua
così l’escalation all’inizio degli anno Ottanta.
In che genere musicale si può
inquadrare Rino Gaetano? Era Rock? Non credo. Musica leggera? Nemmeno.
Cantautore? Troppo scontata come etichetta. È difficile quindi dare una chiara
definizione. Si potrebbe dire, che la sua era forse musica folk ricca di protesta e sarcasmo. Un artista che
non studiò mai musica, ma che riuscì a farla molto bene. I suoi brani non
contenevano grandi arrangiamenti: qualche accordo, una voce graffiante, e una
chitarra che forse non sempre era perfettamente accordata. Testi folli ed
escamotage melodici che rimarranno sempre capisaldi nell’immaginario di chi lo
ascoltava, e chi ancora oggi lo ascolta.
Fu sicuramente un tipo capace di
stuzzicare chi lo seguiva, senza badare a ciò che era socialmente e
politicamente corretto. Spesso i suoi testi trasudavano di genialità nell’unire
temi d’amore, sociali, ma anche temi di protesta come il famoso “Nun te reggae
più”. Canzone allegra, ma che chiaramente rappresentava una polemica contro un’Italia che in quegli anni era ferma e circoscritta, incapace di riuscire ad
aprire i propri occhi sui cambiamenti sociali e culturali che la stavano
attraversando.
Quando si capì, negli anni successivi, il messaggio che egli
voleva lasciare attraverso questo pezzo, lui non c’era più… peccato.
Quando infatti fu ormai tempo di
godersi il meritato successo, ecco finire tutto in un misero incidente d’auto. Gaetano
muore alle 3,55 del 2 Giugno 1981 sulla via Nomentana a Roma, a bordo della sua
Volvo e il giornale annuncia “Rino Gaetano muore schiandandosi con la sua aut
come Buscaglione”. Fine della star e del mito, ma inizio del ricordo e della celebrazione
che ancora continua, ma questa oggi, è un’altra storia.
Il destino, oltretutto, si prese anche gioco di lui: dopo
l’incidente nell’81 Rino Gaetano viene rifiutato da ben 5ospedali, quasi come aveva cantato in una sua
vecchia canzone “La ballata di Renzo” che diceva: “Quando un’auto veloce lo
investì […] Renzo partì per un ospedale che lo curasse per guarir […] s’andò al
San Camillo e li non lo vollero per l’orario[…] s’andò al San Giovanni e li non
lo accettarono per lo sciopero […] s’andò al Policlinico ma lo respinsero
perche mancava il vicecapo […] “
Uno scherzo tragico di una magnifica mela che non marcisce.
La prima “Mela che non marcisce” è qui.