11 Lug 2014

Il coraggio del vescovo che dice no alle processioni

La decisione di Mons. Milito di sospendere le processioni nella sua diocesi calabrese è impopolare, ma profetica. Ed è un implicito rimprovero ai fedeli che non si ribellano alle mafie

La decisione del vescovo di Oppido Mamertina-Patti, in Calabria, di sospendere le processioni per un po’ di tempo, è giunta tempestiva ed è l’esempio di come un pastore, quando vuole, può essere più coraggioso dei suoi fedeli laici, arrivando a sfidare la tradizione.

L’antefatto risale al 2 luglio scorso, quando la processione della Madonna delle Grazie – tradizionale, appunto – si è fermata per trenta secondi davanti alla casa del boss della ‘ndrangheta Giuseppe Mazzagatti, condannato all’ergastolo, ma agli arresti domiciliari per motivi di salute. Un segno di rispetto, una specie di inchino davanti al capo mafioso. 
Purtroppo, che ci siano parti della Chiesa italiana legate alle mafie – o almeno incapaci di affrancarsi dalla cultura mafiosa – è noto, come è noto che ci sono altre parti della Chiesa stessa che lottano tenacemente contro di esse, tenendo alta la bandiera di valori come la legalità e il bene comune.

Alcune manifestazione della pietà popolare, come appunto le processioni o le feste dei santi patroni, con le loro secolari tradizioni, sono appunto le occasioni in cui questo legame si fa visibile: la criminalità organizzata sovvenziona generosamente le spese per organizzare i festeggiamenti spettacolari, a volte decide chi deve portare a spalla le statue dei santi (anzi, proprio questo in alcuni casi è un segno di appartenenza all’organizzazione mafiosa locale), approfitta delle feste per organizzare riunioni presso i santuari… Basti pensare alla festa di Santa Rosalia a Palermo o di Sant’Agata a Catania, per fare due esempi che attirano centinaia di migliaia di persone. E d’altra parte, uno dei modi attraverso i quali i mafiosi hanno  cercato di legittimarsi di fronte alla popolazione, è sempre stata la devozione, opportunamente ostentata.

Questa volta, monsignor Francesco Milito ha scritto una lettera ai fedeli della sua diocesi, significativamente intitolata “Un atto d’amore per la nostra Chiesa tra passato e futuro“, in cui comunica la decisione di «sospendere, a partire da oggi, tutte le processioni in programma nei prossimi mesi, fino a quando, come frutto di una maturata e solida coscienza ecclesiale, saranno varati forti e definitivi provvedimenti in merito». Si tratta di «un convinto e preciso gesto di cautela, di invito alla riflessione e al silenzio, di cui in questo momento tutti abbiamo bisogno». E propone, al posto della processione, «un’alternativa esperienza orante».

Il vicario della diocesi, Giuseppe Acquaro, ha poi dichiarato che «la decisione del Vescovo è stata accolta con un convinto applauso da parte di tutti i sacerdoti. che hanno approvato la decisione di mons. Milito». Si tratta di un applauso importante, perché invece durante la processione incriminata, i rappresentanti delle forze dell’ordine se ne sono andati, quando hanno visto cosa stava succedendo, mentre i rappresentanti della Chiesa, cioè i sacerdoti presenti, no. Come del resto i laici.

Insomma, il vescovo Milito ha preso una decisione probabilmente impopolare, ma ha fatto un gesto profetico. Profeta, infatti, è colui che interpreta i segni dei tempi e legge gli avvenimenti alla luce del piano della Salvezza, indicando quindi all’uomo qual è la via giusta e qual è quella errata. Permettere che le manifestazioni religiose possano legittimare sistemi e mentalità mafiose è la strada errata.

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