Matteo è un ragazzino di 12 anni, siciliano, della comunità parrocchiale San Giovanni Bosco di Catania. Ha dei bisogni speciali: soffre di una rara malattia non ancora riconosciuta. Per questo a volte si muove in sedia a rotelle e ha un po’ di difficoltà ad esprimersi. Sempre attivo nel partecipare ai contesti sociali ed ecclesiale ha, però, una capacità comunicativa e di relazione che lo fa emergere dalla massa.
Matteo, nonostante tutto, ha sempre dimostrato una capacità di prossimità e di apertura del cuore verso tutti, grazie alla sua grande gioia interiore. Attraverso la sua spiccata intelligenza emotiva è stato capace di integrarsi e di spingersi in una generosità produttiva e generativa. Il farsi vicino è una caratteristica di chi ha un cuore puro e, anche se mancante di qualcosa, è capace di donare in altro modo.
Amare la nostra storia
Il contesto sociale parrocchiale, infatti, vede la presenza di un gruppo di giovani provenienti da zone africane, ch si sentono accolti dai gesti di questo semplice ragazzo. Uno dei ragazzi, Sekku, racconta che «nel suo modo di agire da testimone della gioia fa comprendere come le paure e le difficoltà siano frutto delle nostre immaginazioni e della poca capacità di accogliere l’altro. È importante amare la nostra storia e accettare chi mi è accanto, creando con lui dei ponti e semplificando sempre più le nostre relazioni».
Matteo nello sperimentarsi diverso dall’altro, ha quella capacità di entrare in empatia e di infondere speranza, non sentendo il suo stato di disabilità come un peso, ma dando un senso alla malattia. Perché questa può toglierti tutto, il movimento, l’autosufficienza, ma non la tua identità di persona e la capacità di infondere speranza. In quanto ragazzo, già per natura, ha una predisposizione a fidarsi dell’altro e innamorarsi di quella bellezza umana, specchio della somiglianza divina.
Contro la cultura dello scarto
Racconto questa storia di Matteo per la piattaforma Young4Young, proprio per invitare tutti i miei amici della Università a riflettere: viviamo in una società che ad immagine del mondo giudaico molte volte emargina la persona diversa, si sente minacciata ogni qualvolta sente che qualcuno fuoriesce, nel suo essere felice e nel trasmettere gioia. Compiere oggi le opere di Dio significa avere uno sguardo di apprezzamento nell’osservare le sue doti e il suo essere resiliente nell’affrontare la vita di ragazzo, che nel suo essere diverso è capace di avvicinare l’altro a sé manifestando una capacità di vivere la vita nella libertà e nell’amore senza trattenere qualcosa per sé.
La società, come afferma papa Francesco, vive la cultura dello scarto e non permette di vedere nell’altro un’opportunità di fraternità. L’invito a seminare pace e fraternità in un contesto in cui l’odio prevale anche nei nostri stati d’animo è sicuramente la possibilità di non rimanere indifferenti di fronte alle sofferenze della vita, avendo sempre la capacità di apprendere da ciò che percepiamo con i nostri sensi. La capacità di introspezione, infatti, non è qualcosa di innato, ma nell’affrontare le esperienze della vita, rileggendole come luoghi teologici della presenza di Dio, ci permette di dire che Dio prima di tutto si manifesta nella storia. Tanti uomini ancora oggi vivono senza Dio ma non comprendono che, se veramente lui esiste, stanno sprecando tempo nel fondarla senza di lui. Impariamo da Matteo a vivere la vita !!!