Tre
cortometraggi per denunciare un «sistema corrotto e inattendibile che dal 1986
misura gli ascolti tv delle famiglie italiane, l’Auditel». Alcuni frammenti de “Il
fantasma dell’Auditel”, “Gli ammutinati dell’Auditel” e “La scomparsa dell’Auditel”
sono stati presentati a Roma lo scorso 11 Novembre presso la Federazione
Nazionale della Stampa Italiana. Alla presentazione è seguita una tavola
rotonda in cui sono intervenuti giornalisti ed esperti della materia.
Una
trilogia che alla fiction alterna il documentario per provare a raccontare al
grande pubblico il “dietro le quinte” di una società privata che ancora oggi
spartisce 4,5 miliardi di investimenti pubblicitari sui quali si basa tutta la programmazione televisiva. I corti, prodotti dalla cooperativa Tam Tam con il
contributo della Regione Lazio, sono stati curati dallo scrittore Giulio
Gargia, autore del libro “L’arbitro è il venduto”, tra i primi a svelare le
irregolarità delle famiglie interne al campione. Insieme a lui Roberta Gisotti,
giornalista ed consulente Rai che nel 2002 scrive “La favola dell’Auditel”
denunciando la non attendibilità delle rilevazioni (nel 2016 uscirà la terza
edizione).
L’Auditel,
società italiana che dagli anni ottanta è incaricata di quantificare gli
italiani che guardano i programmi tv è da tempo sotto i riflettori di molti
giornalisti e addetti ai lavori. Il campione che, secondo la società, dovrebbe
rispecchiare statisticamente i gusti della popolazione italiana più volte si è
dimostrato inattendibile e inquinato. L’ultimo inciampo si è verificato poche
settimane fa, quando un addetto della Nielsen (la società che per conto di
Auditel rileva i dati) ha sbadatamente reso noti i nomi delle famiglie
appartenenti al campione, bloccando di fatto le misurazioni per quindici
giorni.
Un
“inciampo digitale” che, secondo Gisotti, non svela nulla di nuovo sull’inaffidabilità
di Auditel. «L’attuale sistema che misura gli ascolti tv disegna una tv ferma
agli anni novanta. Il piccolo schermo nel frattempo si è evoluto e oggi viene
fruito attraverso tablet, smartphone e nuove piattaforme digitali. L’Auditel
rileva dei dati che possono servire solo ai pubblicitari trasformando il
campione di cittadini in un campione di consumatori. E lo fa senza rendere
pubblici i suoi dati perché è una società privata».
La
legge 249 del 1997 impone di fatto all’autorità garante per le comunicazioni
(AgCom) di vigilare sull’operato di Auditel, attività non portata a termine in
tutti questi anni. «Quella legge fu solo un compromesso – spiega Vincenzo Vita,
giornalista ed ex senatore. Si disse che l’autorità avrebbe posseduto una
delega ma ad oggi è stata ininfluente nel vigilare sull’Auditel. Si era pensato
di progettare un nuovo sistema di rilevazioni con gara pubblica tra più
soggetti, come avviene in Francia. Ma nell’iter di approvazione del testo di legge
la proposta fu insabbiata».
Remigio
del Grosso, vice-presidente del comitato media e minori (MiSE), è convinto che
questo sistema abbia abbassato la qualità delle trasmissioni. «In Rai per molti
anni è esistito un sistema di rilevazioni che misurava la qualità delle
trasmissioni e non solo la quantità. Ma venne abolito perché i dati erano
difformi da quelli di Auditel e costava troppo. L’Auditel non può chiudersi ai
controlli e deve permettere ai commissari AgCom di presiedere al suo interno.
Non è possibile che la stessa AgCom invii un delegato degli utenti per vigilare
il festival di Sanremo e non lo mandi in Auditel per vigilare le misurazioni
tv».
Tanti
spunti per una battaglia che molti definiscono morale e culturale e che i tre
cortometraggi vogliono rilanciare e diffondere anche all’opinione pubblica, il
più delle volte ignara di come venga pilotata la programmazione tv. La trilogia
verrà presentata al pubblico dal 10 al 13 Dicembre a Viterbo durante la
rassegna su cinema e giornalismo Tam Tam Digifest.