Oggi vi propongo in’intervista a padre Nicola Ciarapica, missionario salesiano: 51 anni di vita salesiana, 40 anni come sacerdote e 27 di esperienza in Africa (23 in Nigeria e 4 in Liberia). Gli ho chiesto di condividere alcuni valori della sua esperienza come missionario in africa.
Potresti dire qualcosa sulla tua famiglia e della tua infanzia ?
«Sono il terzo di 6 figli (4 maschi e 2 donne). I miei genitori non si sono limitati a trasmettermi la vita. In mio Padre ho visto un fede robusta come il suo fisico, pratica, profonda, sapiente. Fin dai miei primi anni mi portava all’Oratorio Salesiano, dove ho imparato a conoscere don Bosco e Domenico Savio. Mia madre nella sua dedizione, premura, accoglienza, mi ha… come dire… accompagnato e introdotto alla Chiesa che è Madre».
Come ha sentito la vocazione salesiana e sacerdotale e perché è diventato salesiano?
«La prima scintilla è stata provocata dalla vita e dalle attività in oratorio e in parrocchia, dal contatto e dalla testimonianza di vita dei Salesiani. Negli anni successivi, durante l’aspirantato, sono stati importanti i colloqui e l’accompagnamento fatto dai miei educatori, dal crescere insieme ai miei compagni, dalle attività di apostolato e servizio che eravamo invitati a fare, e soprattutto l’esperienza, nel primo anno di Teologia, di essere “incontrato da Dio”, esperienza che mi ha cambiato radicalmente ed ha dato consistenza ad un nuovo modo di rapportarmi con Cristo Gesù e i giovani. Questo poi diventa il compito… far si che avvenga per le persone con cui si è in contatto “l’esperienza personale dell’incontro con Cristo Gesù”».
Perché ha scelto la vita missionaria e che cosa può dire di questa esperienza?
«La vocazione missionaria è una conseguenza e uno sviluppo della mia vocazione salesiana e sacerdotale. Nasce dalla realizzazione e dalla coscienza della vastità del campo di azione della Chiesa. È provocata dalla proposta del Progetto Africa e dalla testimonianza di missionari. Una delle motivazioni è stata quella di rendere possibile la condivisione della felicità che viene dal vivere tutti la Dignità di Figli di Dio che è Padre Nostro (Dignità che ingloba tutti i diritti umani)».
Quali sono le gioie e quali le sofferenza di questa vita ?
«Ogni partenza, ogni lasciare è un po’ morire… come d’altra parte lo è ogni scelta… Mi pare che anche le sofferenze di questa scelta missionaria sono più o meno le stesse che in ogni stato di vita, come le gioie sono simili a quelle gioie che vengono dopo la sofferenze e i dolori di una mamma quando sa di aver partorito una vita».
Sono arrivati momenti quando hai avuto il desiderio di abbandonare ?
«Di occasioni ce ne sono state e ce ne sono… quando ti senti stanco e di peso, quando ti trovi di fronte a situazioni più grandi di te, situazioni di fronte a cui ti senti totalmente impreparato, incapace e impotente… quando ti dimentichi che non sei solo, che Lui ha detto “io sarò con voi sempre…»!
Ti senti accolto in Africa ? Come è la tua relazione con gli autoctoni ?
«Devo dire che mi hanno accolto sempre bene e che mi hanno accettato anche con i miei difetti e debolezze. Hanno accettato che il processo di inculturazione di un bianco in Africa non sarà mai totale. Io posso dire di fare esperienza della verità delle parole di Gesù a Pietro: “Voi che avete lasciato tutto e mi avete seguito riceverete cento volte tanto in fratelli e sorelle… insieme a persecuzioni per il mio nome!”. È con loro che noi missionari vogliamo fare comunità e condividere la vita. È con loro che vogliamo creare il clima di famiglia, così caro a Don Bosco per essere casa che accoglie, scuola che prepara alla vita, Chiesa perché Dio possa essere presente, e accompagnare nell’amicizia, nella confidenza, nella gioia di vivere.