Padre Roman Ostrovsky, vicerettore del Seminario Maggiore dei Tre Santi Gerarchi di Kyiv e prefetto per la parte educativa, ci racconta come la formazione si sia drammaticamente adattata agli effetti della guerra e di come tutto questo si sta riversando sulla quotidianità. Il seminario è l’ambiente in cui il futuro sacerdote è chiamato a sviluppare e formare le capacità e i talenti naturali e acquisire le qualità umane che gli consentiranno di testimoniare il Verbo di Dio tra il popolo dei credenti. Il Seminario Maggiore di Kyiv è composto da circa 60 seminaristi, 7 preti di cui 5 formatori e 2 confessori. La sera del 24 febbraio 2022, la maggior parte dei seminaristi è stata svegliata dal frastuono delle esplosioni. Senza cadere nel panico, fin dalle prime ore dell’aggressione militare per rafforzare la propria sicurezza e quella dei residenti del quartiere, hanno abbandonato la struttura e riparato nei bunker insieme alla popolazione. L’adattamento alla nuova situazione ha previsto la rivisitazione della proposta formativa nella modalità digitale, un cambio già sperimentato in precedenza per la pandemia di Covid-19, ma con conseguenze e difficoltà differenti.
La formazione del seminario culturale online
La formazione umana, intellettuale e la vita pastorale hanno avuto una forte battuta di arresto. Il seminario, ci racconta padre Roman, ha dato spazio alla liturgia delle ore, unico momento che scandiva la giornata del futuro sacerdote. I seminaristi hanno seguito i corsi universitari della Facoltà di Teologia dell’Università Cattolica di Lviv (Leopoli) in modalità remota. Ogni settimana hanno svolto un colloquio con il gruppo di formatori con i quali potevano confrontarsi sulle loro difficoltà anche se attraverso un’interfaccia grafica. Il cammino di discernimento non è stato semplice da portare avanti data la condizione in cui versava l’intera nazione. L’ascolto era l’unica azione che poteva assicurare l’accompagnamento umano e psicologico.
Cronologia della vita in seminario dell’anno 2022 dallo scoppio della guerra
Gli esercizi spirituali: tempo di pacificazione interiore
Nel mese di aprile, il secondo dall’inizio della guerra, la comunità ha voluto riunirsi in presenza per il ritiro quaresimale nella città di Jaremče nei Carpazi. Il predicatore, il monaco Manuel Pyshkovich, ha proposto delle riflessioni sui alcuni passi scelti dalla Bibbia che richiamavano lo stato d’animo del popolo ebreo durante i tempi difficili: “toccare il fondo a volte è necessario per ricominciare”.
L’ Ucraina ha pagato un prezzo pesante per la lotta tra due regimi totalitari: nazista e comunista. Oggi continua a pagarlo incrementando il numero di sette milioni di vittime dal secondo conflitto mondiale. I seminaristi e i padri abati, il giorno in cui si festeggiava la liberazione da questi due regimi, sono rientrati nelle loro case natali ricominciando la loro vita quotidiana nonostante tutte le difficoltà legate alla vita in tempo di guerra. L’energia elettrica, oggi al centro di una crisi europea insieme a quella del gas, ha rievocato l’ambiente di una Chiesa primitiva che viveva uno spirito di preghiera più pervasivo.
La ripresa della vita in presenza
Tante volte i seminaristi si sono domandati se fosse giusto arruolarsi in prima linea per la guerra o continuare a soccorrere le persone con aiuti umanitari provienti da diverse zone della Europa, ma i formatori hanno ribadito la necessità del loro impegno nella vita umana, spirituale e culturale facendoli desistere da questo pensiero. Durante questi mesi hanno abbandonato il seminario sette ragazzi, per volontà propria, con motivazioni diverse da quella dell’arruolamento, anche se due di loro lo hanno fatto, ed uno è rimasto ferito.
La guerra non escluderà la possibilità di essere coinvolti in prima linea o di essere trascinati in situazioni drammatiche come lo è stato per don Oleksandr, giovane parroco di Melitopol, ex alunno del seminario. Il 2 dicembre è stato catturato nella sua chiesa e subito dopo, per fortuna, espulso dai territori occupati. Tanti di loro hanno domande esistenziali più che teologiche. Provengono dall’esperienza personale e dalle prospettive di futuro. Alcuni soldati diventeranno cristiani, altri perderanno la fede, ma gli uni e gli altri avranno grande bisogno di sacerdoti pronti ad ascoltare e accogliere la loro esperienza senza giudicarla. La ripartenza del seminario, ci ricorda Padre Roman, ha permesso un approcio ad esso con una nuova sensibilità: non più un luogo di rifugio ma di cura, ricordando quanto sia umano il discernimento per fare la scelta giusta di vita.
Prospettive che guardano il futuro del seminario
Nella pazzia della guerra serviva qualcosa di stabile, adeguato e teologico, che permettesse di vedere la luce in fondo al buio. La formazione ha sperimentato quella online, anche se non ha prodotto grandi risultati. Padre Roman afferma: “è stato importante ripartire cercando di attivare in loro la capacità di raccontare la loro esperienza della prima fase della guerra”.
Spiegare loro il ruolo del sacerdote come persona che porta speranza, anche senza la possibilità di arruolarsi, è stato fondamentale. Il sacerdote è colui che deve preparare il “suolo” quando la terra è arida e dura, poiché senza perdono non esiste la vita cristiana, ha continuato Padre Roman. Alcune tra le sfide riguardano le persone che torneranno dalla guerra con ferite senza facili rimedi, e il seminario con i suoi giovani deve trovarsi pronto. La questione del perdono tra Ucraini e Russi è una riflessione pungente purtroppo come si evidenzia nel video. “Non crediamo che avverrà dopo la vittoria di una delle due parti, ma solo dopo la giustizia e la vittoria”. Purtroppo, l’esercito russo ha compiuto troppi crimini contro i civili: violenza sessuale, torture, rapimenti e altro. Sapere come comportarsi per rielaborare il lutto significa curare le ferite senza dimenticare chi addirittura ha perso l’abitazione e potrebbe di nuovo chiedere rifugio al seminario. Dal punto di vista teologico, parlare di Dio in tempo di guerra significa fondarsi sulla Sacra Scrittura e sul Magistero.
Il mese di dicembre scorso, il seminario ha vissuto per più di due settimane senza elettricità e senza acqua. La chiesa ortodossa russa non ha mai evitato la guerra e ha convinto i giovani a combattere contro gli ucraini, presentandola come prospettiva di “martirio”. Non vi è stato contrasto al conflitto o richiamo alla pacificazione da parte del Patriarca Kirill.
Russia e Ucraina sono oggi i paesi a stragrande maggioranza ortodossa e in entrambi i contrasti legati alla guerra, si sono riversati nei rapporti tra le due Chiese. La questione della data della celebrazione del natale ortodosso, è stata ulteriore motivo di divisione, ma la polemica va anche oltre. La questione religiosa si è intrecciata sempre più con quella politica già ai tempi del presidente Poroshenko. La guerra ha creato una vera e propria frattura anche in ambito religioso, al punto che c’è ci parla di scisma interno. Sembra che sia da escludere la possibilità che la religione possa fermare l’escalation della tensione tra Kiev e Mosca.
Da parte sua, il Vaticano, nella possibilità di proporsi nel ruolo di mediazione non ha portato i risultati sperati. Anche se l’invocazione della pace e la partecipazione responsabile alla pacificazione delle parti in conflitto non ha perso lo smalto della speranza.