Inquinamento industriale: cosa le multinazionali stanno (forse) facendo

Nell’ultimo decennio le emissioni atmosferiche generate dal settore industriale sono fortemente diminuite grazie a nuove rigorose normative, miglioramenti dell’efficienza energetica e nuove tecnologie produttive. Molte società stanno rapidamente diventando “green”, ma si tratta solamente di una facciata oppure vogliono veramente cambiare le cose?

L’Agenda 2030 vede una data comune con l’Accordo di Parigi, un piano d’azione mondiale per limitare il riscaldamento globale e ridurre le emissioni di gas serra, l’anno 2030. Nel 2030 è infatti fissato il primo obiettivo dell’Accordo ovvero quello di ridurre le emissioni ambientali di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990, una data intermedia che porrebbe il primo traguardo per poi raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. 

 

Anno 2030: un trend o un obiettivo?

Molte aziende negli ultimi anni stanno rapidamente cambiando la propria identità aziendale per mostrare la loro determinazione nel raggiungimento di un obiettivo comune: l’azzeramento dell’inquinamento ambientale. 

iPhone è belle (e riciclato) dentro. Apple

La Apple, tra le più importanti aziende tecnologiche al mondo, già oggi sostiene di essere a impatto zero e dichiara che entro il 2030 lo saranno tutti i suoi prodotti. 

A tal proposito dal 2015 l’azienda ha lanciato il “Supplier Clean Energy Program”, un programma che ha lo scopo di aiutare i suoi fornitori a passare all’uso di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, uno scopo arduo che però sta dando forti risultati che rendono Apple una delle aziende apparentemente più green al mondo. Tuttavia i prodotti Apple sono difficili da riparare e l’azienda stessa, con importanti campagne di marketing, invoglia i propri clienti a cambiare spesso i dispositivi a favore dei nuovi modelli creando un forte impatto ambientale. 

 

La riduzione delle emissioni Apple

 

Le emissioni di Apple (migliaia di tonnellate Co2e) dal 2011 – Fonte: Environmental Progress Report 2020 – Apple

 

Le aziende stanno rilasciando gradualmente report annuali sul proprio impatto ambientale. Oltre al Environmental Progress Report di Apple, anche Tesla nel 2020 ha rilasciato il suo primo Impact Report. Tesla, leader mondiale nella produzione di auto elettriche, progetta stabilimenti produttivi che utilizzano energia rinnovabile, contribuendo a ridurre ulteriormente l’impatto ambientale complessivo dei veicoli elettrici.

Nel 2020, i clienti Tesla hanno contribuito ad accelerare la transizione mondiale verso l’energia sostenibile evitando 5,0 milioni di tonnellate di emissioni di CO2e (fonte Impact Report T.).

Il caso Ikea

Un altro esempio lo si può trovare nella multinazionale svedese IKEA, che ha lanciato una strategia per diventare una società a impatto zero entro il 2030. Già oggi, quando restano 8 anni all’obbiettivo, sembra che la società abbia raggiunto grandi risultati come per esempio nel packaging di cartone riciclato, nei propri negozi con pannelli solari e colonnine per le auto elettriche gratuite, programmi di seconda mano per i mobili e la rimozione di prodotti dannosi per l’ambiente (pile alcaline e lampadine non LED). Inoltre ha stipulato accordi con società esterne come la WÖLMANN, per fornire soluzioni fotovoltaiche facili e a prezzi accessibili.

La stessa company ha annunciato durante la conferenza ambientale ONE HOME, ONE PLANET 2021 “Il momento è adesso. L’azione per il clima non può più aspettare”.

 

 

 

Ma effettivamente, si tratta solo di immagine o c’è anche un fondo di verità?

Un recente studio pubblicato da Pacific Environment e Stand.earth ha infatti dimostrato come la società svedese nel 2019 ha introdotto nell’atmosfera 422 tonnellate di CO2 oltre a ingenti quantità di ossido di zolfo, protossido di azoto e particolato tramite il trasporto marittimo. Dei dati allarmanti che dimostrano come tutte le iniziative portate avanti negli ultimi anni dalla società sono state messe da parte per il fatturato. 

“IKEA può essere un eroe nella storia che viene raccontata sul decennio più decisivo della storia umana… È ora di salpare su navi mercantili a emissioni zero e spezzare la dipendenza dei rivenditori da navi che inquinano i nostri porti, danneggiano la nostra salute e ostacolano la nostra opportunità di raggiungere i nostri obiettivi climatici”.

Dawny’all Heydari, Ship It Zero Campaign Lead, Pacific Environment.

L’Italia e il made in Italy

In Italia è appena partito il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), un piano che stabililisce gli obiettivi nazionali in merito all’inquinamento abientale da raggiungere entro il 2030. Il piano prevede di ridurre del 56% le emissioni della grande industria, conciliando sviluppo industriale e scelte ecologiche. Nella penisola aziende Made in Italy hanno raggiunto livelli di riduzione dell’inquinamento di altissimo livello. Fra queste rientrano molte aziende del distretto ceramico di Sassulo, come Atlas Concorde, che ha raggiunto completa autosufficenza energetica e una completa gestione degli scarti produttivi. Degli obiettivi che portano il made in Italy a un livello superiore, non solo dal punto di vista di qualità materiale ma anche ambientale ed etico.

 

L’efficenza logistica del magazzino automatico verticale di Atlas Concorde permette una riduzione di emissione di C02 del 60%

 

Tuttavia il numero di industrie indietro sul fronte dell’impatto ambientale sono ancora tante, per fare un esempio che ci riguarda direttamente possiamo pensare all’ex Ilva di Taranto (oggi acciaierie d’Italia) che recentemente è stata inserita in un report ONU come uno dei luoghi più degradati dell’europa occidentale. Ma la situazione non interessa solo il nostro paese, è anzi chiaramente di portata internazione.

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