Dal primo mercoledì di maggio due studentesse della facoltà di Scienze della comunicazione sociale dell’UPS hanno avviato l’organizzazione di un gruppo di lettura (“As-saggi di letterature”), aperto a tutti gli studenti universitari. L’iniziativa ha già chiamato a raccolta una dozzina di membri ed ha attirato l’attenzione di diversi insegnanti.
Abbiamo intervistato Armella Muhimpundu, una delle studentesse che hanno avviato il progetto, per conoscere meglio le origini delle iniziative e le motivazioni che spingono uno studente ad assumere un ruolo attivo nella promozione della cultura al di fuori degli orari universitari.
Ho incontrato Armella intorno a mezzogiorno. È arrivato maggio, e la pressione degli impegni non manca di farsi sentire tra i corridoi della Fsc che sono più frenetici, pieni di studenti che corrono da una parte all’altra ultimando elaborati ed esercizi. Ci siamo accomodate in una delle salette audio non utilizzata dagli altri studenti.
Armella Muhimpundu in questi giorni è protagonista, insieme ad una sua compagna di facoltà, Chiara Ferrarelli, dell’avviamento di un progetto volto alla promozione della cultura, che sta coinvolgendo studenti provenienti da ogni facoltà: un gruppo di lettura universitario. Vincendo la timidezza, Armella, ha cominciato a raccontare come è nata l’idea di creare un gruppo di lettura a livello universitario.
«Era venerdì e avevo appena finito di seguire una lezione», comincia. «Ho raccontato a Chiara di aver sempre desiderato di partecipare ad un gruppo di lettura. Non passa molto tempo che mi arriva una mail con allegata la bozza di una lettera, scritta da Chiara, che chiedeva al Consiglio di Facoltà l’approvazione del progetto. È stata una sorpresa scoprire che quello che era un mio sogno sarebbe diventato realtà!».
Nella realizzazione del progetto ha avuto un’importanza determinante una passione personale. Armella racconta: «ricordavo la lettura come una componente bellissima della mia vita. Per un periodo ho vissuto con mia zia, ed era un momento veramente triste per me, ma la sera mi mettevo sotto le coperte e leggevo. La lettura mi faceva scappare, sognare dei mondi. Non è come con la televisione, con il libro entri dentro quello che immagini».
Raccontandosi scandisce le parole, le distanzia con delle pause, come a voler cercare quelle giuste, che possano raccontare quel delicato momento in cui una passione si incrocia con la storia di una vita. Prosegue: «Una di quelle notti mia zia si è alzata e ha visto la luce accesa, si è accorta che stavo leggendo, così mi ha picchiata. In Ruanda si lottava con i genitori per leggere, perché al contrario nostro non leggevano, quindi vedevano le nostre letture come qualcosa di sbagliato. Anche se non c’erano molti libri, la lettura ha aiutato moltissimo lì da noi. Anche qui in Italia, adesso che sono all’università, credo che sia importante continuare con la lettura, nonostante i molti lavori da fare, e un club di lettura mi sembrava un’iniziativa in grado di aiutare a ricordare quanto è bello leggere».
«Perché aprire il progetto a tutti? Non bastava coinvolgere i vostri amici?» le chiedo. Dopotutto, la maggior parte dei ragazzi della mia età avrebbe agito in questo modo. «In effetti, abbiamo pensando anzitutto di coinvolgere i nostri amici. Continuando ad elaborare il progetto abbiamo capito che sarebbe potuta diventare una cosa importante per tutti quelli che hanno aver voglia di entrare a far parte di un’avventura simile. Anche il professor Emiro Cepeda ci ha sostenuto, in questo. Ci sono molti gruppetti in università e penso che appartenere ad un gruppo ci limiti un po’, per certi versi: al di fuori dei nostri amici ce ne sono molti altri da incontrare, con cui condividere esperienze».
Organizzare dei progetti in università non è difficile come sembra, spiega Armella. «Certo, noi abbiamo dovuto consegnare il progetto al Consiglio di Facoltà, ma non penso che il fatto di chiedere dei permessi ci debba spaventare. La paura di esporsi non deve fermare un progetto, anche perché sarebbe il caos se non si dovessero chiedere i dovuti permessi, giusto?».
«Penso che l’università ci dia molto», aggiunge, «a volte non ci servono molte cose se abbiamo uno spazio, se abbiamo le persone. Cosa può servire di più? Gli studenti stessi sono tutto l’aiuto di cui c’è bisogno, siamo noi che dobbiamo avere il coraggio di chiedere e di lavorare».
Le sue parole ricordano il film “L’attimo fuggente”, in cui il professor John Keating afferma: «Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento; ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita».
Quando le ho chiesto se il progetto continuerà anche il prossimo anno, Armella ha risposto subito di sì, perché chi è coinvolto è interessato e attivo. Concludendo la nostra chiacchierata non ho potuto fare a meno di augurarmi che le passioni degli studenti continuino ad essere forti al punto da divenire progetti, come in questo caso.