Fino
a poco tempo fa, l’immagine del teschio era confinata sui veleni, sui pali
dell’alta tensione e nei film coi pirati. Con o senza la dicitura «Non toccare. Pericolo di morte»,
quell’ex volto con le tibie incrociate, rigorosamente su fondo nero, metteva
paura già da lontano. E che comunicasse drammaticità lo prova il suo successo
tra i gruppi musicali punk ed heavy metal, amanti di trasgressioni
forti.
Finché,
un bel giorno, l’artista Damien Hirst ha esposto un teschio di platino e
diamanti, trasformandolo in un oggetto carino. Da allora, nonostante la parola
“morte” continui a restare tabù, il teschio ha fatto la sua apparizione sulle t-shirt, riprodotto a tinte pastello o
tempestato di cristalli Swarovski.
Avevamo
già incontrato, sulle magliette, i ceffi della banda della Magliana in versione
“nuovi eroi”. Incapperemo in Adolf Hitler mentre fa una carezza al cane o un
buffetto sulla guancia a un ragazzo della Hitlerjugend? A questo punto ci
aspettiamo di assistere alla riabilitazione di tutti i malvagi della storia,
compresi quelli dei Vangeli: da Erode a Giuda, da Pilato e i suoi aguzzini fino
al ladrone che insulta Gesù. Nell’occasione, verranno fornite frasi “cerotto” per
lenire il dolore: «Non è mica il
diavolo!», «In fondo stava facendo il
proprio lavoro», «Dopotutto la guerra
è guerra»…
Ci
domandiamo quale dittatura imponga tutto ciò. Quella delle immagini? No, perché
il teschio era un’immagine anche prima. La dittatura della moda? Forse: come dice una vignetta di Elle Kappa, «i miti sono necessari: i giovani devono avere delle t-shirt in cui credere». E se fosse la dittatura del
carino? Sta’ a vedere che, mentre si stava in guardia da certe ideologie, ne è
nata una che – con bei colori e bella grafica – rende accattivanti anche i
cattivi.