La musica è un mondo vastissimo, in cui nuotano e si incontrano particolarmente i giovani, sempre in maniera partecipativa. È uno strumento potente, che aiuta non soltanto a passare il tempi libero o a distrare, ma anche ad entrare nel più profondo di noi stessi. Quando è usata in un modo giusto ci sostiene nei nostri impegni quotidiani come lo studio, il lavoro, le relazioni comunicativi. Scopriamo l’esperienza musicale di Riccardo Capobianco, studente di Cmunicazione Sociale all’Università Pontificia Salesiana (UPS) di Roma, fan della musica in generale, in particolare della musica gem.
Cosa ti spinge a immergerti nel mondo della musica? E quale tipo di musica ti interessa?
«Il mondo della musica è innanzitutto vastissimo e tanto vario quindi difficilmente qualcuno potrà non trovarsi a suo agio in esso. E secondo me è anche importante il fatto che la musica riesce a creare tantissime cose: innanzitutto gruppi, e più che i gruppi riesce a fare unire persone di differenti tipi. Se per esempio a me piace la musica rock e anche a un altro piace la musica rock, avremmo già un argomento di cui parlare. Quindi riusciremo a entrare in sintonia più facilmente. Non penso ci sia un tipo di musica particolare da seguire: bisogna piuttosto trovare, bisogna ascoltare tanta musica, finché non riusciamo a trovare quella che veramente ci rende quello che siamo, quello che riusciamo a essere in simbiosi con essa e diciamo: “Questa è la mia musica”».
Quale è la tua relazione con la musica ?
«La mia relazione con la musica è nata sin da quando ero ragazzino, e iniziai con il gruppo degli Iron Maden, un gruppo Metal che ora sento poco, ma sono stati, penso, uno dei più importanti della mia vita. Poi sono cambiato e mi sono rivolto a un altro grande artista musicale, Caparezza, che mi ha invece guidato verso il rap e da qui è nata essenzialmente la mia relazione con la musica. Ascolto costantemente musica quando studio, quando riposo, quando gioco, quando faccio sport… diciamo che la musica per me ormai è come la mia vita. No, ho un vero e proprio gruppo musicale; sono beat boxer, ovvero so riprodurre suoni di strumenti musicali utilizzando la propria voce, e più in particolare suoni di batteria. Io essenzialmente suono il Gem, spesso con mio fratello che è un bassista, e suono anche il pianoforte, quindi molto spesso facciamo mix bassa e beat box. Il mio vero gruppo attuale, che si chiama “Hip-hop alchemist”, in realtà è un duo: siamo io e mio amico che è un chitarrista jazz».
Come scegliere una musica significativa tra tanti diversi tipi e generi musicali e come trasmettere messaggi attraverso la musica ?
«Per scegliere una musica significativa, bisogna ascoltare tanta musica, bisogna avere la mente aperta, e non escludere altri generi, nel senso che io possono ascoltare Meta, ma non posso ascoltare solo Metal: bisogna ascoltare tutta la musica che c’è, per poter così trovare il genere musicale che appunto più si interfaccia con noi. L’importante è avere la mentalità aperta e aprirsi a nuovi generi, a nuovi Sound, nuove sonorità. Per trasmettere un messaggio significativo è importante – in ambito musicale sia per la musica rock che per la musica cantata ma anche per tantissime generi musicali che possono trasmettere emozioni – farci questa domanda: Cosa voglio trasmettere? Un messaggio un ideale, questo è importante. Una volta capito questo si deve appunto lavorare sul testo, lavorare sulla musica, in modo da poter creare tutte quelle emozioni che abbiamo in mente, che sentiamo quando sogniamo».
Perché usare la musica per comunicare con i giovani?
«La musica è un qualcosa che abbiamo tutti quanti penso nel nostro DNA: fin dai tempi preistorici, l’uomo tenta di emettere suoni, cercare sonorità – i tamburi ad esempio – la musica è un qualcosa di comune, in tutti i periodi storici e in tutte quante le culture del mondo. Quindi la musica ha un grandissimo potere comunicativo. È fortissima. Nel corso del tempo, ogni periodo ha avuto il suo movimento musicale, penso ad esempio al movimento degli anni 60, quando alcuni artisti diventavano degli esempi per i giovani. Ma ancora adesso, in Italia per esempio, tantissimi rapper diventano fonte di ispirazione per i ragazzi, nel bene e nel male che sia, quindi la musica ha un grandissimo potere soprattutto per quanto riguarda appunto il rapporto con i giovani. Forse sono proprio i giovani che nella musica cercano degli ideali oppure uno scopo, ecco».
La musica può aiutare o intralciare lo studio?
«Secondo me la musica può aiutare nello studio. Dedicarsi anche alla musica è una cosa che ci può aiutare ad avere una conoscenza maggiore di noi stessi e a farci trovare stati d’animo che possono aiutarci in determinati momenti. Che la musica può distrarre dallo studio? Dipende da che ruolo le diamo, da quanto tempo la dedichiamo. Ma se la musica è la nostra ragione di vita, se sei solo un musicista, è giusto dedicarei più tempo alla musica che a studiare. Insomma, il problema è relativo, dipende dal nostro obiettivo nella vita, da quale è il nostro lavoro e anche tante altre cose».
Come consigli di ascoltare la musica in questo periodo?
«In questo periodo dovendo essere in quarantena in casa, il consiglio migliore è di cercare nuovi generi, andare a scovare quella musica che magari abbiamo messo in secondo piano, e scoprire qualcosa di nuovo. Usiamo la musica per scoprire nuovamente noi stessi trovando nuovi generi, nuovi gruppi, nuovi cantanti, nuovi messaggi… Proprio nel lockdown la musica ha fatto scaturire emozioni attraverso i flash mob o l’inno di Mameli che ci ha fatto sentire uniti. La musica ci ha dato il senso dell’essere insieme, la speranza che ne usciremo più forti.
Vorrei poi ricordare che suonare in gruppo è importantissime perché ti permette di avere un sacco di feedback e di migliorare. Fare Gem insieme, suonare insieme è importantissimo. Quindi vi dico, suonate tanto con altre persone, sperimentate perché fa benissimo a livello musicale, e per voi stessi soprattutto.