La musicoterapia ha radici antiche che risalgono alla cultura greca, egizia, indiana e cinese, in cui la musica veniva utilizzata per scopi terapeutici e spirituali. Nel mondo moderno, questa disciplina ha preso forma nel XX secolo, durante e dopo le due guerre mondiali, quando la musica ha iniziato ad essere usata per aiutare i soldati traumatizzati. Nel corso del tempo la musicoterapia ha guadagnato riconoscimento come pratica terapeutica professionale, utilizzata per trattare una varietà di problemi di salute mentale e fisica.
Gli obiettivi e le applicazioni
Gli obiettivi terapeutici della musicoterapia abbracciano un ampio spettro di sfide, trasformando la potente forza della musica in un veicolo per affrontare questioni complesse legate alla gestione dello stress, al potenziamento delle capacità cognitive, alla stimolazione emotiva, all’aumento della motivazione e all’incoraggiamento dell’interazione sociale.
Per perseguire tali obiettivi, i musicoterapeuti utilizzano tecniche quali l’ascolto guidato, l’improvvisazione, la composizione, il canto e l’uso di strumenti musicali, tutte mirate a promuovere il benessere e favorire l’espressione individuale.
Le applicazioni cliniche della musicoterapia trovano spazio in ospedali, scuole, centri di riabilitazione, centri per anziani e comunità. Questa pratica si rivela particolarmente utile nel lavoro con individui con disturbi neurologici, problemi emotivi o psicologici, disabilità fisiche, disturbi dello sviluppo o altre problematiche di salute mentale.
Un tratto distintivo di questo approccio terapeutico è la centralità della persona: ogni trattamento è adattato alle specifiche esigenze e caratteristiche dell’individuo coinvolto.
Mentre numerosi studi già testimoniano dell’efficacia della musicoterapia in diverse situazioni, la ricerca continua a esplorare i molteplici benefici e a definire le migliori pratiche. In questo modo, la musicoterapia si configura come un campo dinamico, in costante evoluzione, che sfrutta il potere della musica per migliorare la salute mentale e il benessere individuale.
Tra arte e neuroscienza
“La musicoterapia è un interfaccia tra arte e neuroscienza”, spiega il professore Angelo Molino, docente di Musica e Arteterapia, compositore e musicista, fondautore di due associazioni che si occupano di musicoterapia a livello internazionale, l’International Music & Wellness Council e Athena Music & Wellness Therapy. Ci spiega anche quali possono essere i suoi molteplici utilizzi.
Il prof. Molino è anche autore dell’applicazione Tunewell.io nella quale sono disponibili una serie di programmi sonori per il rilassamento e il riequilibrio energetico destinata a chi non ha problematiche cliniche. Il suo manuale, Music Therapy: A Look into The World of Healing Sound, che sarà disponibile nella versione italiana in primavera, si propone come uno strumento divulgativo per conoscere più a fondo questa disciplina.
Musicoterapia: quando può essere d’aiuto?
La musicoterapia può avere un impatto significativo sul benessere complessivo delle persone, offrendo un modo creativo ed espressivo per affrontare diverse sfide fisiche, emotive e cognitive. La sua natura flessibile e adattabile la rende una disciplina terapeutica molto versatile.
Per comprendere meglio ci vengono in aiuto due musicoterapeute, Antonella Zenga e Marina Bertucca, coinvolte in vari progetti legati alla musicoterapia, tra cui “Musica in Campo” presso il Campus BioMedico di Roma.
La dottoressa Antonella Zenga ha iniziato a praticare la musicoterapia nel 1999, dopo un percorso come educatrice musicale, quando si è trovata a lavorare con bambini affetti da disabilità. La dottoressa Marina Bertucca, diplomata al conservatorio, ha successivamente frequentato il primo biennio sperimentale in musicoterapia presso il conservatorio dell’Aquila, affascinata dall’uso della musica per aiutare gli altri. Entrambe hanno partecipato a un progetto di musicoterapia durante procedure di diagnostica emodinamica, utilizzando principalmente la musicoterapia di tipo ricettivo, cioè con musica pre-registrata.
Attraverso questo tipo di approccio ad esempio, pazienti che non sono in grado di comunicare verbalmente – ci racconta la dottoressa Zenga – possono essere aiutati con l’ascolto di un genere musicale che apprezzavano prima di perdere le capacità comunicative.
L’approccio di musicoterapia attiva, invece, prevede che il paziente sia coinvolto attivamente anche con l’utilizzo di strumenti musicali. Durante questi incontri, ogni partecipante può suonare uno strumento, cantare e condividere questo momento con i propri parenti.
La metodologia abitualmente adottata – continua la dottoressa Zenga – prevede che le sedute vengano svolte sempre nello stesso orario, giorno della settimana e ambiente, così da garantire l’efficacia della terapia. Il luogo delle pratiche è aperto a tutti senza restrizioni specifiche, mentre la comunicazione non verbale è la modalità principalmente utilizzata.
La musicoterapia – spiega la dottoressa Bertucca – lavora a livello biopsicosociale, incidendo anche su diverse aree del cervello a livello biologico. Ha un influsso anche sul battito cardiaco, poiché il cuore si adatta alla ritmica della musica che si ascolta. In questo modo, la pratica musicoterapica ha aiutato pazienti che dovevano sottoporsi a sedazione e che hanno poi deciso di evitarla.
La musicoterapia non è adatta a tutti – concludono le dottoresse – ma può essere di grande aiuto per coloro che sono interessati a sperimentare questa forma innovativa di terapia.
La Cura si fa Arte: la musica in aiuto ai malati oncologici
Tra le esperienze più significative c’è da registrare quella della dottoressa Marilena De Sole, psicoterapeuta che insieme ad alcune sue colleghe ha creato, presso l’Ospedale Fatebenefratelli, l’Associazione “La Cura si fa Arte”, nella quale utilizza l’arte per curare pazienti con problematiche croniche gravi.
Il suo lavoro di psicoterapeuta è quello di fornire un metodo di cura capace di dare sostegno da un punto di vista interiore e fisico.
Lo scopo principale del percorso terapeutico della musicoterapia è quello di prendersi cura di se stessi. Per raggiungere questo obiettivo è necessario che il servizio venga offerto in modo gratuito e che il paziente abbia a disposizione uno spazio di espressione libero per il proprio valore personale.
Nella terapia si utilizzano strumenti che possono essere accessibili a tutti e che non richiedono abilità nell’utilizzo. La dottoressa aiuta i malati oncologici a vivere la propria malattia e ad affrontare l’idea della morte facendo accettare al paziente anche questa possibilità.
Tutte le persone affette da queste patologie – spiega la dottoressa De Sole – hanno le capacità e gli strumenti psicologici per affrontarle. Dal punto di vista dell’esperienza personale, questa professione le permette di allenarsi al cambiamento, alla morte e di conseguenza a incontrare più autenticamente se stessa e gli altri.