Figlio della strada e padre di molte generazioni: ribelle,
cantante, dio, musicista, profeta, un’icona perfetta e sacra. Categoria reggae,
che significa ritmo in levare, fumatore d’erba, agitatore politico. Bob Marley
fu un uomo giusto contro la corruzione del mondo della seconda metà degli anni
Settante. Nasce sulla costa Nord della Jamaica: un paradiso sulla terra per tutti i turisti del mondo e un inferno per
altrettanti poveri del mondo.
Bob cresce senza padre e per strada cerca di cavarsela come riesce.
A 15 anni si avvicina al mondo della musica suonando le sue prime canzoni e nel
1963 fonda il suo primo gruppo, i The Wailing Wailers, che attraverso lo Ska e lo
Stedey Rock fa ballare la gente che lo ascolta. La voce di Marley è una voce
particolare, che in realtà rappresenta un grido di dignità e vendetta di un
popolo in quegli anni abbandonato da tutto il resto del mondo.
Nel 1964 esce una canzone che
segna l’inizio di un percorso che sappiamo bene come è andato a finire. Il
brano è Simmer Down – che vuol dire qualcosa del tipo “state calmi”, noi oggi
diremmo “fly down” – con cui si rivolge ai ragazzi ribelli delle periferie
limitrofe di quegli anni, attraverso uno ska coinvolgente, leggero e
salterello.
Marley fece del reggae una musica planetaria, che divenne una vera e
propria filosofia. Se però pensiamo al genere musicale, possiamo chiederci: da
dove proviene?
Il Reggae viene dalle percussioni africane ululanti degli
schiavi, da un rytm’n’ blues ancora banbino, figlio di chitarre elettriche
graffianti e allegre. Un minestrone fra cultura tribale e colonialismo sempre
però in ottica leggera di una musica ballabile, ma dal significato profondo.
Grazie a Bob Marley, così, un’isola lontana povera e abbandonata divenne presto
la fabbrica di un suono nuovo che ancora oggi raccoglie seguaci giovani e
anziani.
Nel 1966 Marley si sposa e dal primo matrimonio avrà tre figli,
sapremo poi che ne avrà altri otto da altre donne e mentre accade tutto ciò,
suona, gira, incide album e il primo a diventare un vero e proprio successo
mondiale con i The Wailing Wailers fu Catch a Fire del 1973. Nel 1974 esce
Burnin’ e proprio quando la consacrazione dell’artista è universale il gruppo
si scioglie. Peter Tosh, chitarra solista del gruppo, decide di andare via.
Marley però non molla: sceglie di mantenere il nome del gruppo e continua il
suo percorso con i “Bob Marley and the wailers”. Ormai il marchio è mondiale,
lo stesso marchio che prese per mano il reggae e lo portò ad una popolarità
strepitosa.
Ecco che il trionfo definitivo arriva con un singolo dal titolo “o
woman no cry e l’album Natty Dread, ed è qui che si celebra realmente il mito.
Infatti se per il mondo intero Marley è solo un cantante, in Jamaica è molto di
più: leader della religione rasta, capo politico indiscusso, ispiratore di una
cultura embrionale, “accanito pacifista contro il sistema”. A questa
affermazione, come allora risponderebbe: “no, è il sistema che è contro di me,
non io contro di lui”.
È memorabile l’episodio in cui
gli fu sparato prima di un concerto dal titolo Smile Jamaica, che si sarebbe
dovuto svolgere per la pace di due eterne fazioni politiche presenti sul
territorio. Correva l’anno 1976.
Si trasferisce in Inghilterra e
da qui nascono Exodus e Kaya, due album meravigliosi, ma ecco che qualcosa
comincia ad andare storto: Bob Marley si ammala. Un melanoma maligno a partire
dal piede, man mano invaderà tutto il suo corpo consumandolo come ruggine.
Decide però di non fermarsi: continuano i concerti in Africa, Asia, America,
Germania, perché era forte in lui il desiderio di trasmettere quel messaggio
chiaro di pace e libertà di cui aveva bisogno il suo popolo.
Fu seguace della sua religione
rasta e fu ribelle per natura. Fu per la Jamaica il padre della pace.
Per anni la
sua terra fu un’isola poverissima distrutta e masticata da lotte politiche e
dalle atrocità che il popolo Jamaicano dovette subire. Fu lui a mettere pace
fra le due fazioni quando nel 1978 nel One Love Peace Concert, i due leader
nemici politici jamaicani salirono sul palco e si strinsero la mano, e ancora
nel 1979 in un concerto in Zimbawe, è lui che attraverso il brano Africa United
urla la fine della dominazione bianca in Africa.
BobMarley è un leader e il suo
dio è un dio per poveri e per gli emarginati; tutto il resto è nulla, o meglio
tutto il resto si chiama “malgoverno” “corruzione” e “denaro” delle grandi potenze
del mondo.
Muore a Miami nel Maggio del
1981, celebrato come un profeta, una mela che non marcisce che per molti in
Jamaica rappresentava un dio. Anche per molti giovani di oggi il culto
continua.
Il suo fu un funerale di stato
in cui tutti gli invitati cantarono le sue canzoni, salutando cosi una mela che
non marcisce, e che evidentemente non marcirà.
“La mela che non marcisce” n° 4 è qui