Valeria verrà ricordata dalla cronaca per essere una vittima.
Vittima della violenza, ma anche del peso di essere stata presa a bandiera del nostro dolore, e della nostra vicinanza, come italiani, a quanto accaduto in Francia.
Ma Valeria era più di questo, era una persona, e come tale sarà ricordata davvero, nel profondo, solo da chi realmente l’ha conosciuta.
Valeria rappresenta una generazione, la nostra: siamo i millennials, giovani da 18 a 30 anni, curiosi, interconnessi, virtuali, internazionali, generosi. O almeno così ci definiscono sul mercato, come target a cui vendere qualcosa.
Oggi, dopo i fatti di venerdì, prendetevi una pausa dalle etichette, dagli schieramenti, dalle parole generate dalla paura, e pensate solo a voi. Come viviamo questa vita che ci é stata donata? Quale senso diamo ad essa?
Riscoprirci come generazione unita dal dolore, ma anche dalla speranza di creare con le nostre mani un futuro migliore, non é semplice. Troppe voci vengono dai social media, troppe immagini urlate alla tv, troppi opinionisti che pretendono di sapere come siamo fatti. Facciamoli tacere, solo per un attimo, guardando dentro noi stessi. Cosa possiamo dire al mondo come gioventù attiva? Possiamo essere un esempio. Possiamo contare qualcosa, in mezzo a tutte queste voci. Siamo il ponte tra un’infanzia, ancora troppo piccola per poter contare davvero in questa società, e l’età matura di chi non si fa scrupoli pur di guadagnare sulla pelle altrui. Ci siamo, ci sentiamo vivere.
Così sentiamo anche la vita che rimane da quei corpi che non sembrano averne più.
Valeria, ti sentiamo, sentiamo il tuo esempio, anche senza conoscerti di persona. Sentiamo il tuo coraggio di essere stata un cervello in fuga, le paure e le ansie, le aspettative ed i sogni che avevi quando hai deciso di andare a fare ricerca a Parigi. Sentiamo tutto questo perché lo viviamo sulla nostra pelle, ogni giorno, in un’Italia dove lo spazio dato ai giovani, soprattutto in ambito lavorativo, non é ancora abbastanza. Sentiamo soprattutto la tua voglia di integrarti, di ascoltare gli altri, in punta di piedi, in un paese che non é il tuo. Sentiamo la tua voglia di metterti in gioco, facendo volontariato, condividendo la vita dal basso, senza barriere, senza pregiudizi. É questo che ci portiamo dentro della tua storia: la voglia di vivere, a contatto con gli altri, con rispetto ed umiltà.
Prendiamo esempio da te, e riprendiamo ad amare gli altri prima di noi stessi.
Recentemente sul sito di Repubblica é apparso un video (http://video.repubblica.it/mondo/dipendente-mcdonald-s-umilia-senza-tetto-licenziato/218370/217571?ref=HRESS-7) che riprende un coetaneo, un dipendente McDonalds di Detroit: questo ragazzo umilia un senzatetto, offrendogli prima un panino, per poi ritirare la mano e gettargli addosso dell’acqua gelida. Niente amore, niente rispetto. Valeria, che cosa hai in comune con questo ragazzo? L’età. Ed un diverso atteggiamento verso gli altri. Il ragazzo é stato licenziato, tu non ci sei più. Spetta a noi decidere quale atteggiamento prendere come bandiera della nostra generazione. Perchè il cambiamento, e la pace, parte da noi stessi.
16 Nov 2015
L’altra faccia del rispetto
Solidarietà, ascolto, rispetto. Valeria Solesin, la ragazza italiana uccisa a Parigi venerdì sera, ed il suo esempio