A Pisa alcuni ricercatori italiani hanno sviluppato un nuovo metodo di produzione del grafene adattabile alle esigenze industriali e un nuovo dispositivo ad alta efficienza per le telecomunicazioni a banda larga. La nuova tecnica è stata applicata alla progettazione di fotorilevatori al grafene ad alta velocità, che offriranno vantaggi enormi: una trasmissione dei dati che supera i 100 gigabit al secondo e la riduzione del consumo energetico.
Queste innovazioni sono state sviluppate da un team di ricercatori guidato da Camilla Coletti, coordinatrice dei Graphene Labs dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Pisa, e da Marco Romagnoli, responsabile dell’Advanced Technologies for Photonic Integration Lab al CNIT (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni) di Pisa. La ricerca è inserita nell’ambito dell’iniziativa europea Graphene Flagship, che intende promuovere lo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche per accrescere la competitività internazionale dell’Unione Europea in questo settore. I risultati della ricerca sono illustrati in due pubblicazioni sulle riviste scientifiche internazionali ACS NANO e Nature Communications.
Nuovo #metodo di produzione del #grafene e nuovo dispositivo ad alta efficienza per le #telecomunicazioni a #bandalarga.
Risultati presentati su @acsnano e @NatureComms, dal team coordinato da Camilla Coletti, a capo dei Graphene Labs di IIT @GrapheneEUhttps://t.co/0RmytoHRm4 pic.twitter.com/meBD5aoXby
— IIT (@IITalk) February 25, 2021
La nuova tecnica rende possibile la realizzazione di cristalli di grafene dello spessore di un atomo e la loro integrazione su piattaforme fotoniche industriali. Questo consente che il processo venga reso automatico e trasferito alla produzione a larga scala. «Tradizionalmente, quando si mira a integrare il grafene su larga scala, si parte dalla sintesi di un singolo strato di grafene ampio centinaia di centimetri quadrati e lo si trasferisce su piattaforme fotoniche (wafer); sarebbe infatti molto difficile trasferire un’area ampia come un “lenzuolo” e spesso quanto un atomo, senza generare grinze e buchi», spiega la coordinatrice della ricerca Camilla Coletti. Il metodo sviluppato consente di ottenere 12mila cristalli di grafene in un singolo wafer, necessari alla disposizione esatta per i dispositivi fotonici basati sul grafene. Spiega ancora la ricercatrice: «La nostra tecnica permette di ottenere singoli cristalli di grafene, con eccellenti proprietà strutturali ed elettroniche, esattamente dove servono. I cristalli di grafene sono poi trasferiti nelle configurazioni più adeguate per la realizzazione di dispositivi fotonici, in questo caso senza il rischio che si creino difetti».
Il grafene sembra essere quindi il materiale del futuro. Ma com’è fatto? Si tratta di un materiale bidimensionale formato da un foglio di atomi di carbonio uniti in celle esagonali. Celle di misura diversa (pentagonali o ettagonali) corrispondono ai “difetti” menzionati da Camilla Coletti. È stato scoperto nel 2004 dai fisici russi Andrej Gejm e Konstantin Novosëlov, che per questo hanno ottenuto il Nobel per la fisica nel 2010. Il grafene è considerato il materiale esistente più sottile, poiché ogni strato ha lo spessore di un atomo. Non è necessario inoltre estrarlo in natura perché può essere sintetizzato in laboratorio a partire dalla comune grafite usata, ad esempio, nelle matite.
Si guarda al grafene con grande fiducia per il futuro, poiché esso possiede delle proprietà straordinarie. È un materiale super leggero: un foglio singolo strato di 1 m2 è praticamente trasparente e pesa soltanto 0,7 mg e, secondo i due fisici scopritori, sarebbe in grado di sorreggere un gatto di 4 kg. La struttura reticolare gli garantisce inoltre una resistenza superiore a quella dell’acciaio e una flessibilità pari a quella della plastica. Ha poi una buona conducibilità elettrica e, per questo, può essere impiegato per la produzione di microchip e pannelli solari.
Ma soprattutto il grafene garantisce un incremento dell’ecosostenibilità. «Nel grafene quasi tutta l’energia della luce può essere convertita in segnali elettrici» osserva Marco Romagnoli del CNIT di Pisa, «una caratteristica che permette di ridurre enormemente il consumo di energia e massimizzare l’efficienza dei dispositivi per le telecomunicazioni». L’uso di dispositivi a base di grafene permetterebbe, a differenza dei dispositivi classici attualmente in uso, di ridurre il consumo energetico e aprire la strada del low-carbon al settore delle telecomunicazioni che, secondo le stime, è responsabile del 4% delle emissioni di gas serra.
Il Cisco Annual Internet Report stima che nel 2023 ci saranno 29,3 miliardi di dispositivi connessi a internet, 18,4 miliardi in più rispetto al 2018. La richiesta di connessioni a banda larga crescerà di pari passo e così anche il consumo energetico, se non sarà rinnovata la progettazione dei dispositivi. Il lavoro svolto dai ricercatori dell’IIT e del CNIT – finanziati dalla Commissione Europea nel 2013 e in collaborazione con l’INPHOTEC e il Tecip Institure di Pisa, la startup CamGraphiC, la multinazionale Nokia e il Cambridge Graphene Centre dell’Università di Cambridge – offre al settore delle telecomunicazioni un futuro più performante e più green, grazie alle potenzialità del grafene.