Legge sulla tortura: positività e critiche

Approvato alla Camera il ddl sul reato di tortura in Italia, dopo 4 anni di modifiche, discussioni e rinvii e dopo un dibattito che va avanti da più di 30 anni. Secondo molti però è una legge incompleta

L’Italia ha una legge sul reato di tortura. Dopo 4 anni di modifiche, discussioni e rinvii la Camera dei Deputati ha approvato il disegno di legge nell’ordinamento italiano con 198 voti favorevoli (Partito Democratico e Alternativa Popolare), 35 contrari (Forza Italia, Conservatori e Riformisti, Fratelli d’Italia e Lega) e 104 astenuti (Movimento 5 Stelle, Sinistra Italiana, Movimento Democratico e Progressista, Scelta Civica e Civici Innovatori). Le pene previste sono: la reclusione da 4 a 10 anni, ma fino a un massimo di 12 se a commettere il reato è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio.

L’iter (11 proposte di legge in 4 anni) è iniziato in Senato il 22 luglio del 2013, per poi essere licenziato un anno dopo; è approdato alla Camera nel 2015 per poi tornare nuovamente all’esame di palazzo Madama e, infine, essere licenziato da Montecitorio. Ma perché la necessità di fare, il prima possibile, una legge sulla tortura? Per un vuoto legislativo da colmare e per un gap da ridurre con gli altri Paesi europei, ma anche perché nell’aprile 2015 la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato l’Italia per la condotta delle sue forze dell’ordine durante l’irruzione alla scuola Diaz di Genova in occasione del famoso G8, dove secondo i giudici la polizia fece «una vera e propria rappresaglia, per provare l’umiliazione e la sofferenza fisica e morale delle vittime». La Corte parlò quindi di «tortura» e chiese all’Italia di «dotarsi di strumenti giuridici in grado di punire adeguatamente i responsabili di atti di tortura o altri maltrattamenti».

Ma perché, ci siamo chiesti, questa legge ha visto l’opposizione di ben 139 parlamentari? Ecco il nuovo testo dell’articolo 613-bis del codice penale:

«Chiunque con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona»

Secondo Luigi Manconi, senatore Pd, presidente della Commissione diritti umani del Senato e primo firmatario della legge, il testo è stato stravolto nel corso del tempo, perdendo gran parte della sua efficacia. “Un’occasione sprecata – ha dichiarato all’Espresso – Della mia proposta rimane molto poco. Si poteva e si doveva fare di più”. Tra i vari cambiamenti apportati dalle due camere nel classico ping-pong parlamentare ce n’è una fondamentale: il reato è passato dall’essere “reato proprio” applicabile a persone con una certa qualifica (le forze dell’ordine) a reato comune, cioè applicabile a qualsiasi cittadino lo commetta. Il problema è che il reato di tortura, come indicato dalla Convenzione delle Nazioni Unite ratificata dall’Italia nel 1989, dovrebbe servire a punire specificamente i casi di abuso di potere e non qualsiasi tipo di comportamento violento tra privati cittadini, che le leggi dello Stato presenti coprono già.

Nel nuovo testo la possibilità che il reato sia commesso da pubblici ufficiali è inserita al secondo comma ed è soltanto un’aggravante del reato, ecco perché secondo Marconi si tratta di “vera e propria sudditanza politica nei confronti delle forze di polizia”. Un altro punto interrogativo si aprirebbe su un aspetto terminologico non da poco: nel testo approvato si parla di «fatto commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona»; quindi rischierebbe di non essere punito il singolo episodio di violenza? Secondo i critici sì, secondo Anna Finocchiaro, ministra per i rapporti col Parlamento, no: “Non è vero che nella norma approvata si preveda il delitto di tortura solo nel caso di più atti violenti o gravemente minacciosi ripetuti nel tempo – ha dichiarato a La Repubblica – Il comportamento è punibile sia se il fatto è commesso ‘mediante più condotte’ (dunque con atti plurimi), sia (‘ovvero’, recita la norma, quindi in alternativa di identica gravità) se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona. Dunque, per esempio, sarà responsabile di tortura chiunque schiaffeggerà sul volto, o minaccerà più volte un soggetto in condizione di minorata difesa, ma allo stesso modo chi interrogherà un soggetto costringendolo anche una sola volta a stare nudo in ginocchio”. Siamo già nel vasto campo delle interpretazioni. La terza differenza è il passaggio, nel testo, da una tortura che «cagiona acute sofferenze fisiche o psichiche» (nella prima bozza) a una che «cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico» (nella legge approvata). I critici della nuova legge sostengono che questo cambiamento – la specificazione che il trauma debba essere “verificabile” – creerà problemi. Come ha spiegato Manconi, “i processi per tortura avvengono per loro natura anche a dieci anni dai fatti commessi. Come si fa a verificare dieci anni dopo un trauma avvenuto tanto tempo prima?”.

Qui tutte le modifiche del testo

Secondo molti il vero punto di forza della legge è il divieto di espulsione, i respingimenti e le estradizioni quando c’è motivo di credere che nel Paese di destinazione la persona sottoposta al provvedimento rischi di subire violazioni “sistematiche e gravi” dei diritti umani. Tante le reazioni dal mondo civile. L’Associazione Antigone, nata alla fine degli anni ’80 per difendere i diritti e le garanzie nel sistema penale, sostiene come “Questa legge sia profondamente criticabile per almeno tre punti: la previsione della pluralità delle condotte violente, il riferimento alla verificabilità del trauma psichico e i tempi di prescrizione ordinari. Non è una legge conforme al testo Onu”. “Quella approvata oggi dal Parlamento non è una buona legge. È carente sotto il profilo della prescrizione, ma permette tuttavia di compiere un passo avanti, anche se incompleto, verso l’attuazione dell’obbligo di punire la tortura imposto dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura” dice Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia.

Questi i commenti della politica. Per Giorgia Meloni, di Fratelli d’Italia “passa l’infamia del ddl tortura voluto dal Pd: una legge che non punisce la tortura ma serve solo a criminalizzare le Forze dell’Ordine”. “Non sono riusciti ad approvare una legge che punisca per davvero il reato di tortura. È un giorno amaro”, è la linea dei 5 Stelle. In un video sui social, il Pd spiega come “Nessun governo, da quando l’Italia ha aderito alla convenzione Onu del 1987, è riuscito a inserire il reato di tortura nel codice penale e che si tratta di un passo in avanti nella civilità e nella vita democratica del Paese”.  

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