26 Nov 2015

L’integrazione? Ce la insegnano gli ospedali

Tre celebri fotografi visitano le strutture sanitarie italiane del sud, centro e nord del Paese raccontando un popolo che nei luoghi di malattia e di cura mostra il suo lato migliore. Quello dell’accoglienza e dell’integrazione

Il viaggio di tre fotografi tra gli ospedali del sud, centro e nord Italia per raccontare l’integrazione vissuta all’interno delle strutture sanitarie. “I nuovi pellegrini” è la mostra commissionata dalla fondazione Farmafactoring in collaborazione col Censis (che ha curato insieme un’indagine) esposta al Palazzo Borghese di Roma fino al prossimo 28 Novembre. Ai fotografi Alessandro Scotti, Edoardo Debile e Umberto Fratini non è stato commissionato lo “scatto emozionale”, tipico delle pagine di apertura di quotidiani e siti, ma di congelare in una foto il rapporto tra personale sanitario italiano e pazienti stranieri. Ne è uscita una chiara visione di come siano proprio gli ospedali i luoghi in cui si pratica al meglio l’accoglienza dello straniero. Se, infatti, su 5 milioni di stranieri presenti in Italia, il 29% dichiara di aver subito una qualche forma di discriminazione, pochissimi casi sono avvenuti negli ambienti sanitari.

Sono state coinvolte circa 20 strutture sanitarie italiane dislocate in tutta la penisola: Bergamo, Milano, Guastalla, Bologna, Firenze, Ancona, Roma, Aversa, Palermo, Ragusa, Vittorio, Modica e Pozzallo. «Il nostro servizio sanitario nazionale – spiega Giuseppe De Rita, presidente del Censis – rappresenta per gli immigrati non solo un’opportunità di potersi curare ma un insieme di luoghi in cui matura una vicinanza ai comportamenti e alle scelte dei cittadini italiani che è decisiva per una buona integrazione civile, culturale e umana».

Gli scatti dei tre fotografi non ritraggono solo luoghi di malattia ma anche la cura di accoglienza, dove il paziente (italiano o no) viene curato. E i numeri sconfessano che questo sia un fenomeno “eccezionale”: basti pensare che ogni anno accedono al Pronto Soccorso 66 stranieri su mille e l’80% di loro non ha sperimentato nessuna difficoltà nell’accesso alle prestazioni sanitarie. In genere gli immigrati si rivolgono alla sanità italiana solo quando la patologia è conclamata: in un mese il 20% degli stranieri si reca dal medico, contro il 33% degli italiani che fanno altrettanto. Anche lo stile di vita degli stranieri sembra più sano: il 4% della popolazione straniera di 14 anni e oltre consuma alcol fuori dai pasti almeno una volta a settimana (l’8% tra gli italiani) mentre fuma il 23% (il 26% degli italiani).

Gli stranieri che più frequentano gli ospedali sono i maschi tunisini (131 su mille) e le donne marocchine (101 su mille) mentre più restii a curarsi presso le nostre strutture sono i cinesi (solo 23 su mille lo fanno). Anche i consultori familiari sono diventati luoghi cruciali di relazionalità, soprattutto per le donne immigrate: li frequentano 34 donne straniere su mille, mentre nella fascia di età 25-34 anni il dato sale a 53 su mille. E un grazie lo dobbiamo proprio alle donne immigrate perché a fronte di un basso tasso di natalità italiano (media di 1,3 figli per donna) loro si attestano al 2,1 figli.

L’indagine accompagnata dalla mostra fotografica ci presentano un’Italia già di per sé integrata, più di quanto i mass media o alcuni schieramenti politici vogliano farci intendere. A confermarlo è anche il prof. Maurizio Ambrosini, che da anni insegna sociologia delle migrazioni. «Le migrazioni – afferma il docente – sono un fenomeno naturale e fisiologico del mondo. Su 7 miliardi di persone al mondo sono 235 milioni quelle che migrano. E non lo fanno solo per disperazione ma per speranza, visioni, contatti con i nuovi paesi. Piuttosto che domandarci perché il 3% degli abitanti della terra migrano, dovremmo chiederci perché il restante 97% resta fermo!».

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