L’intelligenza artificiale può creare poesia. O forse no?

Nasce il verso costruito con gli algoritmi: nuova opportunità o fine del sentimento? La domanda resta aperta

Le tecnologie hanno un impatto dirompente sulla vita degli individui e producono significativi effetti nelle dinamiche relazionali. Tra questi la rivoluzione di linguaggi, abitudini, stili di vita, aprendo in questo modo nuovi scenari del vivere quotidiano.

Su questo aspetto lo scorso 21 gennaio, si è focalizzato il convegno dal titolo “C’è poesia e poesia”, promosso da www.aiopenmind.it, ambizioso progetto per riflettere sull’importanza che l’intelligenza artificiale ha, e avrà sempre più, nella vita degli individui, per la loro quotidianità e non solo.

Il potere della poesia

Diverse personalità hanno discusso dell’importanza che l’Intelligenza artificiale può avere anche in un ambito particolare, e cioè quello riferito all’arte e in questo specifico caso alla poesia. «La poesia è un linguaggio molto antico in quanto è precedente alla scrittura e possiede due importanti caratteristiche. La prima è quella di non creare un’abitudine e la seconda è di riuscire ad essere senza tempo», ha affermato Cristiana Freni, docente di Letteratura moderna e contemporanea, Filosofia del linguaggio ed Estetica presso l’Università Pontificia Salesiana.

La capacità della poesia di riuscire ad essere senza tempo fa sì che quest’ultima, si possa provare ad adattare alle “nuove” dinamiche della modernità, tra cui quella riguardante, appunto, l’Intelligenza artificiale. Inoltre, la docente ha aggiunto che «la poesia è stata particolarmente produttiva in Italia e sempre in grado di rilanciarsi», confermando l’ipotesi di riuscire ad essere un’arte senza tempo. Inoltre, secondo la docente, un’altra particolare caratteristica della poesia è quella «di riuscire a far pensare al passato, al presente e al futuro», insieme.

Il progetto PoaAltry

E quindi, ora, si affaccia il salto nella modernità: durante l’incontro, è stato presentato il progetto dal nome “PoAItry” di Michele Laurelli, fondatore di “Argoretico”, start up che si occupa di Intelligenza artificiale. “PoAItry” è il primo algoritmo ad utilizzare l’IA per scrivere poesie in lingua italiana. L’algoritmo elabora tre fasi per riuscire a comporre dei versi: la prima fase è quella di creare un modello; la seconda rileggere il testo e la terza riuscire a produrlo effettivamente.

Questo studio è inserito in un contesto di ricerca, sviluppo e durante il convegno si è dibattuto a lungo su un aspetto in particolare: le poesie scritte con l’aiuto dell’Intelligenza artificiale possono essere considerate vere e proprie poesie? L’opinione degli ospiti intervenuti è discordante.

Michelangelo Tagliaferri afferma che «l’Intelligenza artificiale crea una poesia che in realtà è “altro”, perché manca totalmente la presenza fisica del poeta; la poesia deve essere in grado di suscitare un’emozione e quando il mercato cerca di renderla oggettiva non va bene, in quanto quest’ultima, è la combinazione di tutti gli aspetti sensoriali, che devono riuscire a generare differenti emozioni e sensazioni per tutti gli individui senza differenze economiche o sociali», generando così la rottura di quelle che il filosofo Karl Marx definisce le classi sociali.

Il rischio maggiore per questi studiosi è che questa “nuova” tecnologia può ridurre l’arte della poesia ad un semplice gioco, venendo così a far mancare totalmente la dimensione interpretativa del poeta.

Una domanda senza risposta

L’ideatore del progetto “PoAItry” durante l’incontro ha affermato che, in realtà, l’Intelligenza artificiale è semplicemente uno strumento figlio della modernità e che non per forza si deve escludere “il dire e il sentire” del poeta stesso.

La questione, come ribadito più volte, è per molti aspetti ancora aperta e le personalità intervenute continuano a domandarsi se i poeti riusciranno, con il tempo, a trarre benefici per la loro arte dall’uso di questa tecnologia. Senza eliminare però, le caratteristiche essenziali che la contraddistinguono: tra le quali, senza dubbio, come è stato ampiamente detto, riuscire a far comprendere, o perlomeno intuire, ciò che il poeta ci vuole trasmettere, per permettere di generare un’emozione.

Per ora una risposta certa non c’è, in quanto per poter rispondere a questo quesito sono necessari ulteriori studi da cui poter trarre delle risposte. E soprattutto una sperimentazione continua e sincera.

 

Il convegno si può rivedere qui: https://youtu.be/wRIwoY8TqLY

 

 

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