Lo Sri Lanka sull’orlo della crisi: che cosa sta accadendo?

Lacrima d’Oriente, così è chiamato lo Sri Lanka: un’isola dell’Oceano Indiano, al di sotto dell’India. L'informazione non sta raccontando quello che sta accadendo da molto tempo in questo piccolo paese, vicino al collasso economico e politico

Harsha Thennakoon, srilankese di origine e salesiano di Don Bosco, oggi è in Italia per studiare Comunicazione Sociale all’Università Pontificia Salesiana di Roma. Il suo paese è sull’orlo del collasso. In Sri Lanka, adesso, c’è sua mamma che – ci racconta – solo l’altro giorno ha fatto una coda di due ore per avere 1 litro e mezzo di benzina.

Che cosa sta accadendo in Sri Lanka?

Lo Sri Lanka è entrato in una profonda crisi. Dal mese di marzo mancano le materie prime fondamentali come le medicine, la benzina, la gomma e il cibo scarseggia. Il governo sostiene di non avere più risorse.

Quali le origini di questa crisi?

Le cause di questa crisi non sono recenti: lo Sri Lanka è stato una colonia inglese fino al 1948, anno in cui fu proclamata l’indipendenza. Da subito iniziarono gli scontri tra l’etnia Cingalese, circa il 74% della popolazione, e quella Tamil per il controllo del potere. Una guerra durata 30 anni che ha lasciato dietro sé una scia di enormi debiti e mancanza di sviluppo. Dall’indipendenza in poi, il Paese è stato nelle mani di politici corrotti e mossi da interessi personali. Al termine della guerra, nel 2009, hanno preso il potere i fratelli Rajapaksa, instaurando un regime militare che detiene il controllo di tutto il Paese. Pian piano la gestione dello Stato è finita nelle mani di un’unica famiglia: il presidente, il primo ministro, il ministro per l’agricoltura e quello dello sport sono tutti appartenenti alla famiglia Rajapaksa. Questi ultimi non hanno saputo gestire le finanze, dando origine a una crisi che perdura dal 2015. Durante questi anni ci sono state molte accuse per crimini di guerra e molte risorse sono state rubate per vari investimenti in Uganda. Inoltre, dal 2020 in poi, sicuramente la pandemia ha accentuato questa crisi già esistente, anche a causa del crollo del turismo.

Come vive la popolazione in questi mesi di crisi?

La popolazione non riesce letteralmente a vivere. I prezzi di ogni cosa sono lievitati, ma non gli stipendi. Per questo molte famiglie non hanno più risorse per pagare l’elettricità, il gas o le scuole ai figli.

Essendo salesiano, sono in contatto con alcune delle 16 case salesiane presenti in Sri Lanka. Alcune di queste hanno delle scuole professionali e, purtroppo, la mancanza di elettricità è diventata un ostacolo per portare avanti lo studio di materie come l’informatica o la meccanica. Inoltre, a causa della mancanza di carburante, i trasporti non funzionano e questo fa sì che alunni e insegnanti siano impossibilitati a raggiungere le scuole.

Altre case, invece, hanno da sempre accolto centinaia di giovani orfani, abusati e in difficoltà. Oggi è diventato difficile, se non impossibile, riuscire a sfamare e dare le cure necessarie a tutti i ragazzi. Si verificano interruzioni di corrente anche per 10 ore: il frigo funziona ad intermittenza e diventa impossibile conservare il cibo.

Ci sono state manifestazioni di protesta?

Sì, i cittadini stanno protestando: c’è chi non ha il gas per cucinare, gli ospedali hanno annullato le operazioni chirurgiche per mancanza di medicinali, il cibo costa tre volte il prezzo normale.

All’inizio di aprile una folla ha preso d’assalto il palazzo del presidente intimandogli di dimettersi. Le forze di polizia, dipendenti dal governo, hanno lanciato lacrimogeni e cannoni ad acqua.

Quello dei Rajapaksa è un governo dal carattere autoritario che non ha esitato a perseguitare alcuni attivisti, anche con la prigione. All’inizio ci sono state proteste pacifiche che chiedevano le dimissioni del Primo Ministro: le varie fazioni politiche si erano unite in una forza comune. Il 9 maggio il premier Mahinda Rajapaksa ha annunciato le sue dimissioni: da questo momento sono iniziati disordini e incendi tra i sostenitori del governo e i manifestanti.

Quali le speranze e soluzioni per il futuro?

Le speranze, mi dispiace dirlo, sono poche. Molte manifestazioni hanno gridato a suon di “Gota Go Home”, intimando al presidente Gotabaya Rajapaksa di dimettersi. Ma, mi chiedo, chi potrà governare il nostro Paese se la famiglia Rajapaksa lascia il potere, ammesso che lo farà mai? Cosa ci assicura che il prossimo che salirà al potere sarà migliore?

Ora c’è solo anarchia: la polizia non è più in grado di mantenere l’ordine. È necessario che cambi il sistema, anche se dopo anni di corruzione, è difficile rimettere ordine nel Paese. C’è una forza politica che sembra non essere coinvolta in atti corrotti; hanno anche potuto partecipare alla protesta. Siamo arrivati ad un punto in cui è necessario scegliere il male minore.

 

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