Il protagonista del sesto e ultimo film italiano in Concorso è Lubo (interpretato da Franz Rogowski), un artista di strada nomade che nel 1939 viene arruolato nell’esercito svizzero con il compito di sorvegliare i confini del territorio contro una possibile invasione tedesca. Mentre è in servizio, viene raggiunto da suo cugino, il quale gli comunica che sua moglie era morta tentando di proteggere i tre figli ed evitare che venissero portati via dalle forze dell’ordine. In Svizzera, infatti, vigeva un “programma di rieducazione nazionale per i bambini di strada”, che aveva come reale scopo quello di estirpare la cultura Jenisch. Da questo momento Lubo farà di tutto per ritrovare i suoi figli e far valere i diritti di questa cultura.
Lubo è un film “da cui emerge quanto principi folli e leggi discriminatorie generino un male che si espande come una macchia d’olio nel tempo, penetrando nelle vite degli uomini, modificandone i percorsi, i valori, generando dolore, rabbia, violenza, ambiguità… ma anche un amore per la vita e per i propri figli che vuole sopravvivere a tutto e riportare giustizia”, dichiara il regista Giorgio Diritti.
In questa pellicola si vuole evidenziare come il tema rappresentato non è stato un evento circoscritto avvenuto tra gli anni Venti e Settanta in Svizzera; anzi, bisogna rendersi conto che è un tema molto attuale. La stessa Valentina Bellè, che nel film interpreta Margherita, ha precisato infatti che “[…] dinamiche del genere sono attualissime. Da un’inchiesta del Guardian uscita in primavera, pare che siano più di 16mila i bambini ucraini deportati in Russia. L’Ucraina è riuscita a farne rientrare poco più di 300 e sembra che alcune famiglie russe li nascondessero sia per evitare il rimpatrio, sia per paura che gli venisse tolto il sussidio dal governo russo. Queste cose stanno accadendo oggi”.