Sole, mare, una storia che va in dietro fino ai tempi neolitici, buon cibo, discoteche gratis, persone accoglienti, sono alcune delle cose che caratterizzano la più piccola isola del Mediterraneo. Malta, con meno di mezzo milione di abitanti, è l’isola più densamente abitata al mondo. Girare l’isola in poco tempo non è una cosa difficile: per andare da Nord a Sud ci vogliono solamente tre quarti d’ora, senza traffico. Per andare a visitare l’isola sorella, Gozo, molto più rurale e meno popolata, ci vogliono solamente venti minuti di traghetto.
Nel mio giro sull’isola, perla del Mediterraneo, una cosa che in altri Paesi è più evidente. La povertà. A Malta sembra che non esista. Case ben curate, nessuno che dorme fuori, nessuno che chiede l’elemosina. Sembra che in questa isola l’umiliazione della povertà non sa che cosa significa. Ma è davvero così?
Nel mio soggiorno nell’isola ho incontrato suor Natalie Abela, superiora delegata delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret e presidente dell’ong Fondazione Santa Giovanna Antida, che opera nell’isola dal 2007. Nata negli anni 80 come un piccolo gruppo d’incontro per aiutare le persone in difficoltà nel sud dell’isola, per necessità delle leggi maltesi ma anche della società, durante gli anni si è trasformata in fondazione.
Suor Natalie ci spiega che anche se il livello della povertà non è altissima «questo non significa che non ci sono poveri o ci dobbiamo tranquillizzare.» Secondo Eurostat la povertà a Malta è del 20%. Capiamo quindi che la maggior parte della povertà nell’isola è nascosta. L’elemosina non si può chiedere, dormire fuori non è permesso, chi lo viene arrestato. Lo Stato e diverse Ong offrono diversi aiuti per queste persone in difficoltà.
La Fondazione Giovanna Antida che cosa fa di diverso da altre Ong e dallo Stato? Con l’equipe composta di vari professionisti e volontari, va a cercare i poveri nei luoghi segnalati, spesso dai parroci. Offrono dei servizi che lo stato maltese non offre.
Mi fanno visitare la struttura, e incontro una persona, che sta utilizzando uno dei servizi che la fondazione offre. Prima l’avevo intravista entrare, il suo volto pensieroso e pesante mi aveva colpita. Uscendo dal colloquio, il suo volto pallido ha ripreso colore. Si chiama Grazia, e spiega che lei e la sua famiglia utilizza il servizio di aiuto per i familiari che soffrono di problemi mentali. Un’infermiera psichiatrica, volontaria, offre il suo servizio per seguire queste persone, che tante volte si sentono perse nella malattia dei loro parenti. Grazia mi dice che la Fondazione Giovanna Antida è stata per lei una luce in un tunnel buio. Non sapeva come doveva comportarsi con la depressione di suo marito, si sentiva persa e stava per cadere lei stessa in una depressione. L’infermiera psichiatrica, Connie Magro, spiega che il cammino è lungo, perché c’è bisogno di tanto sostegno. Lo Stato fornisce un aiuto adeguato ai pazienti, ma lascia da soli i parenti. L’obiettivo di questo percorso è imparare a camminare da soli, prendersi in mano, avere gli strumenti necessari per affrontare la loro situazione.
Questo è anche il carisma delle Suore della Carità. Suor Natalie mi spiega che la loro fondatrice aveva a cuore il “restauro” delle persone, aiutarli a riprendere la loro vita per poi aiutare anche gli altri. Infatti, nella reception della fondazione, incaricati dell’accoglienza sono dei volontari, che a loro volta hanno ricevuto aiuto da questo ente.
L’isola è piccola ma i bisogni sono grandi. Quest’anno hanno aperto un nuovo servizio, anche questo una novità per l’isola. Un centro d’accoglienza dove donne vittime della prostituzione possono mangiare, lavare i vestiti e se stesse. Ogni donna è accompagnata da vari professionisti. Alcuni somo volontari, ad esempio avvocati che si offrono volontariamente per seguire le donne nei loro casi in tribunale. Oppure dottori che monitorano le donne per malattie infettive. Suor Natalie ci dice che non era facile avvicinare queste donne, le quali facevano fatica a credere che tutto era gratuito. Alcune chiedono: “ma perché ci volete bene?”.
Questo è il voler bene che si respira in questa fondazione: non importa tu chi sei, l’importante è aiutarti a stare bene. L’accoglienza e l’abbraccio che ricevono le persone che utilizzano questo centro io lo potevo sentire attraverso i volontari e suor Natalie, che si dedicano con passione per questo “restauro” incondizionato della società maltese.