11 Mag 2015

“Mamma non andare al lavoro”. La paura delle tassiste a Roma

La vita di Lorenza, tassista a Roma da dieci anni, è cambiata dopo la violenza subita da una sua collega la settimana scorsa

Ci sono tragedie che lasciano un segno non solo su coloro che ne sono vittime, ma anche su quelli che le circondano. La vita di Lorenza è cambiata da venerdì 8 maggio, quando nella zona di Ponte Galeria a Roma, una tassista di 43 anni è stata rapinata e violentata da un cliente romano. Il clima ora è teso tra i tassisti e specialmente tra le tassiste. Lorenza ha 41 anni, due figli di 11 e 17 anni, fa questo lavoro da dieci anni. Fa il turno di mattina, come molte altre donne (quasi 800 a Roma), considerandolo il turno più sicuro e anche il più comodo per chi ha figli.

Come si sente quando va a guidare il taxi dopo che la sua collega ha subito violenza sessuale durante il turno lavorativo?
«Malissimo, ho ansia e tanta paura di uscire per lavorare. Già guidare un taxi non è un incarico leggero. Sei un bersaglio facile. Ma addirittura che si possa subire violenza sessuale alle 7 di mattina… sono ancora sotto shock».

Cosa le hanno detto i suoi figli quando hanno saputo dell’accaduto?
«Non volevo che sapessero, ma hanno sentito la notizia al telegiornale. Mia figlia mi ha detto:”Mamma non andare domani a lavoro”, poverina! Dopo l’ho tranquillizzata: i bambini non dovrebbero preoccuparsi delle difficoltà degli adulti. Il mondo degli adulti è così pieno di violenza, vorrei ne rimanessero fuori il più a lungo possibile».

Ma anche certi tassisti ultimamente si sono manifestati parecchio violenti. A marzo un tassista ne ha minacciato un altro con una scimitarra alla stazione Termini e a meno di un mese dopo un altro a piazza Barberini ha picchiato un anziano di 64 anni.
«Non sostengo questi comportamenti. Hanno sicuramente sbagliato.Nessuno dovrebbe mai usare la violenza e spero che per questo paghino… ma vorrei ribadire che nella nostra categoria questi sono solo casi isolati, la maggior parte di noi è costituita da lavoratori onesti, che con il loro sacrificio cercano di mantenere le loro famigli,e come tutti gli altri lavoratori».

Ha mai pensato di smettere, dopo tanti anni di lavoro duro e dopo tutti questi casi di violenza?
«Sinceramente, lo penso ancora oggi, perché non mi sento più sicura nella mia stessa città, in cui svolgo servizio pubblico. Ma non posso permettermelo: ho due figli da crescere e per loro sono disposta anche a rischiare la vita».

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