Nel mondo ecclesiale l’accoglienza c’è, basta volerla vedere

L'inchiesta de "L'Espresso" ha aperto una polemica: quel "Accogliete i profughi" di Francesco alla Chiesa non sarebbe stato ascoltato. Sono tante invece le realtà che si stanno organizzando e i numeri della Caritas di Roma lo confermano

Dov’è finita l’accoglienza della Chiesa? C’è ancora, ma non se ne parla. E se viene menzionata, è solo nel senso negativo del termine. Eppure Papa Francesco il 6 settembre, durante l’Angelus, aveva lanciatoun appello destinato a rimanere nella storia: «Ogni parrocchia accolga una famiglia di profughi. Lo faranno per prime le due parrocchie del Vaticano. Cominciamo dalla mia diocesi di Roma».

Una risposta concreta a quella che molti hanno già rinominato “emergenza immigrazione”, in grado di produrre le prime risposte positive già qualche giorno dopo. Il cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, aveva ringraziato «per la richiesta del Papa di ospitalità ai profughi di fronte alla grave tragedia di decine di migliaia di persone». Insieme a lui, tante congregazioni religiose hanno aperto le porte, o quanto meno, si sono mosse per attivare una rete sul territorio. Perché è stato subito chiaro a molti: un gesto isolato non porta a dei risultati, una piccola parrocchia che ospita un profugo iracheno non cambia la storia di centinaia di migliaia di immigrati in bilico tra la vita e la morte.

Eppure il caso sopra citato ha avuto riscontri nella realtà, o meglio nell’inchiesta pubblicata dal settimanale L’Espresso, nel suo ultimo numero. A firma di Fabrizio Gatti, ecco servito lo scandalo perfetto: “Io profugo cacciato dai preti di Francesco”. Demagogia? Macché, il giornalista si è camuffato per davvero da immigrato iracheno e ha bussato alle porte di 22 tra conventi e parrocchie: da Roma a Porto Recanati, salendo su, fino a Courmayeur, passando per il Brennero e arrivando addirittura in Svizzera. «E dove ti metto? Non hai documenti», è la risposta più frequente che riceve, fino ad una conclusione che fino a prova contraria appare evidente: il Papa può dire qualsiasi cosa, questa Chiesa rifiuta il messaggio di Gesù Cristo e ignora i poveri disgraziati. Nessuno accusa Gatti di aver fatto cattiva informazione, ma la prova contraria sono proprio i dati pubblicati dalla Caritas di Roma in un comunicato: 80 parrocchie e 23 istituti religiosi e seminari hanno espresso la disponibilità per l’ospitalità.

Nel testo si legge inoltre che «Dopo i primi sopralluoghi dei tecnici della Caritas di Roma – a cui seguiranno quelli dei tecnici della Prefettura – emerge che saranno 90 gli immigrati accolti in “prima accoglienza” (si tratta di richiedenti asilo e protezione internazionale) e 80 gli immigrati accolti in seconda accoglienza (che già hanno avuto riconosciuto lo status e sono in Italia da circa due anni), mentre il 2 novembre circa 40 immigrati verranno accolti e distribuiti nelle varie comunità parrocchiali che hanno concluso l’iter burocratico». Perché di iter burocratico si tratta e bisogna avere le carte in regola per dimostrare di poter aiutare concretamente queste persone. Invece piccole parrocchie, gestite da un solo sacerdote, a volte anziano, vengono accusate di aver rifiutato un profugo che chiedeva “solo” di entrare, dormire e far venire poi il giorno dopo tutta la famiglia. Giusto due cosette.

A queste parrocchie si può imputare pure chiusura e rifiuto dei principi del Vangelo, ma parliamoci chiaro: voi vi sareste messi in casa uno sconosciuto mai visto prima, senza documenti né permesso di soggiorno e senza magari una stanza in cui farlo dormire? I lettori di young4young no, o almeno il 41,7% di loro, che a un nostro sondaggio “Metteresti a disposizione la tua casa a un immigrato se venisse richiesto per un certo periodo di tempo?” hanno scelto di dissentire. Basta poco poi per notare come di realtà vive sul territorio che aiutano i migranti ce ne siano molte e Roma in questo senso, nonostante i tanti problemi che la affliggono, fa la sua parte. Quello che manca è una rete che metta in contatto queste realtà e che dia loro la possibilità di interagire e di organizzare l’accoglienza e l’equa distribuzione (brutta parola, ma non ce n’è di migliori) dei migranti.

Una rete che nella Capitale – garantisce la Caritas – si sta creando e che darà, entro il mese di gennaio, a 170 persone un tetto dove dormire e un piatto caldo da mangiare. Francesco fa bene a dire che «i conventi vuoti non servono alla Chiesa» e che «non sono nostri, ma sono per i rifugiati, la carne di Cristo». A solo un mese e mezzo dall’appello però, la stessa Chiesa chiede pazienza e cooperazione. E se possibile, anche ai laici di contribuire. Perché l’umanità non è solo questione per chi indossa talare e colletto.

Photo credits: Giorgio Marota

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