Nel nome di un sogno. La fatica e la soddisfazione di diventare campioni

Praticare uno sport a livello agonistico comporta molti sacrifici. Ma vale la pena, se si è convinti di potercela fare

Perché faretanti sacrifici per uno sport, il tennis, per arrivare a livelli alti di agonismo, ma non tanto da ricavarne un guadagno pari a quello che si spende per praticarlo? Per rispondere a questa domanda abbiamo intervistato Benedetta Ortenzigiocatrice di tennis con alti risultati, visto che rientra nella classifica 2.4 nella categaria NOF (Normale Femmina). Cominiciamo conoscendola. 

Quando hai cominciato a giocare a tennis e da quando questo gioco è diventato un impegno a livello agonistico? 

«Ho iniziato a 4 anni, guardando mio fratello. Sono passata a livello agonistico a diventato a 10 anni, ma non me ne ero resa conto… Me ne sono accorta a 12, quando ho cominciato a viaggiare per i tornei».

  
Quanto tempo ti occupa l’allenamento in una settimana? 

«Quando andavo al liceo mi occupava tutto il pomeriggio dalle 2:30 alle 6:00, ora con l’università tutta la giornata: inizio alle 9/9:30, faccio pausa pranzo all’una e ri-inizio alle 2:30 fino 5:15, quindi in pratica tutto il giorno». 

 

Il praticare uno sport a questi livelli come ha condizionato la tua adolescenza? 

«Sicuramente mi ha aiutato, perché mi ha imposto la necessità di organizzare il tempo al massimo e renderlo il più produttivo possibile, però sicuramente mi ha privato di tante cose allo stesso momento, tante uscite con gli amici, feste… alle quali ho dovuto rinunciare per gli allenamenti o i tornei». 

 

Ricordi avvenimenti o situazioni alle quali hai dovuto rinunciare per gli allenamenti o tornei?   

«In particolare, una cosa che non ho vissuto particolarmente bene è quando mi è capitato di stare fuori per un torneo a Pasqua, e mentre tutta la mia famiglia stava insieme io stavo da sola in un altro continente… lì un po’ mi è pesato. E ricordo anche quando per tre anni non ho potuto festeggiare Capodanno con gli amici, perché stavo sempre fuori per tornei, o anche più semplicemente tutte le estati nelle quali ho dovuto rinunciare ai viaggi con le mie amiche, non sapendo mai con precisione le date dei tornei».

 
Hai mai pensato di smettere per i troppi sacrifici e per la troppa fatica? 

«Spesso. La prima volta seriamente in terza media, inizio liceo, perché li si è visto tanto il cambiamento di età, di mentalità, ma più di tutti quest’anno a febbraio. Perché vedi che fai tanti sacrifici e poi magari capita la partita sbagliata, il momento sbagliato, in cui non sei al meglio fisicamente o mentalmente e ti chiedi: oggettivamente perché devo fare tutti questi sacrifici…? A volte perdi un po’ di vista l’obbiettivo, perdi un po’ di fiducia e vedi che invece tutti gli altri amici, anche il mio ragazzo, riescono a dedicarsi all’università con buoni risultati, e alle amicizie, alle feste, e tu rinunci e poi magari rimani delusa» 

 

Parlando a livello economico ti è mai costato …

«Tantissimo, la mia famiglia non me l’ha mai fatto pesare, però hanno sempre fatto tanti sacrifici per il tennis e continuano ancora a farli» 

 

Hai uno sponsor ? 

«Si, economicamente un po’ mia zia, ma per una questione affettiva. Inoltre ho Max Giusti che mi sovvenziona pagandomi ogni mese metà degli allenamenti. Però per i tornei fuori non ho sponsor, perché nel tennis non esiste proprio: quasi nessuno ha mai niente di pagato. I viaggi, le trasferte, si fa tutto in  modo autonomo… però almeno le racchette e i vestiti non li pago». 
 

Pensi di riuscire a raggiungere alti livelli in grado di ripagarti di tutti i sacrifci fatti?  

«Diciamo che l’obbiettivo è quello. Ciò che ti spinge nei momenti in cui vuoi smettere è continuare a pensare di poter arrivare ad un livello alto, quindi ora come ora ti direi che si, io credo di avere la possibilità di torgliemi molte soddisfazioni a livello alto».

 

Qual è la motivazione, che ti fa andare avanti su questa strada? 

«L’unico modo per andare avanti è non perdere di vista l’obiettivo e soprattutto vedere l’impegno come un divertimento. Finché ti diverte entrare in campo con la voglia di vincere puoi andare avanti, con la consapevolezza che ogni partita potrebbe portarti sempre più vicina all’obbiettivo».

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