15 Apr 2021

No-Tav: dalla lotta contro il tunnel un’esperienza che ti cambia la vita

«Ognuno in sé ha la propria causa e il proprio fuoco che arde per essa. Quando tante singole fiamme si incontrano e decidono di unirsi, l'ardore non può spegnersi»

Immaginate le maestose montagne e le valli che si estendono ai loro piedi. Immaginate che in queste magnifiche distese verdi scorra una linea azzurra di acqua dolce e che in questa si rifletta la figura di alberi fioriti i cui rami, mossi da una leggera brezza, lasciano passare a intermittenza, come se brillassero, i caldi raggi di un sole di luglio. In tutto ciò, i Mulini si intravedono come un timido dettaglio di questa scenografia tanto perfetta. Immaginate di essere lì a bearvi di tanta bellezza, ma con un inaspettato rumore di sottofondo. Stranamente non riuscite a sentire lo scorrere dell’acqua e neanche il fruscio delle foglie, non si ode un singolo cinguettio; vi è solo un gran trambusto fatto di picchiettii, scrosci e botti; si ode solo il cantiere del TAV che lavora.

 

Allevon tutto questo lo ha percepito e ha deciso di portare avanti la sua lotta per difendere la bellezza che ha visto. Dalla sua infanzia, trascorsa in campagna, alla sua attuale vita nella metropoli, Allevon (così ha scelto di farsi chiamare per rimenere nell’anonimato) da sempre crede più nei suoi ideali che nelle persone, preferendo la compagnia di pochi amici e comunque fidandosi solo di sé, trovandosi più a suo agio in riva a un fiume di una valle piuttosto che in luogo con tanta gente. Nella sua esperienza, difendere le proprie idee e combattere per esse, è sempre stata un’attività che porta a risultati ottimali anche se svolta in solitudine. In altre parole, un tipo solitario che si troverà a combattere una battaglia con molte altre persone: non sa che questa esperienza sta per rivoluzionare la sua visione dell’altro.

 

Il suo viaggio comincia il 16 luglio 2020 e già alla vista in lontananza della Val di Susa, scorta dall’ autostrada, sente di essere nel posto giusto. Arriva al Presidio permanente dei Mulini (così lo chiamano i compagni e le compagne del movimento No-TAV; maggiori info), a Venaus nella Val di Clarea, il luogo che ospita l’accampamento. Al suo arrivo, trova una tenda già pronta all’utilizzo (probabilmente da condividere con altri compagni), una ragazza che non aspetta altro che fare da guida e affiancare la new entry e tante, tante altre persone che cercano un’intesa, che vogliono dire “siamo qui insieme”. Allevon si sente un po’ a disagio per tutte quelle accortezze nei suoi confronti. Perché tutta questa gentilezza? L’obbiettivo è altro e molto preciso: difendere il posto in cui si trovano. È lì per la rabbia che quel cantiere, col suo inquinamento, ha provocato. È lì perché è parte della natura e una violenza fatta ad essa è una violenza subita da ogni sua componente. Di certo non è lì per fare amicizia.

 

Diligentemente e distaccatamente si lascia guidare nella presentazione e nella descrizione del luogo, che viene fatta dai suoi compagni e che si estende da Venaus a Giaglione (dove si trovano i Mulini, due strutture storiche date in comodato d’uso per sostenere la causa No-TAV). Viene presentata la programmazione della giornata, dal funzionamento della cucina, al ripristino di ciò che puntualmente viene distrutto dalle forze dell’ordine, nel costante tentativo di smantellare il presidio. Vengono spiegate le turnazioni continue, di notte e di giorno, con turni di circa un paio d’ore in base al numero di persone disponibili, talvolta volontarie. Vengono mostrate le barricate, al di là delle quali vi sono soldati dell’esercito, polizia e carabinieri (con i quali si sono avuti più scontri nei giorni precedenti). Vengono fatte vedere le postazioni delle tende, della cucina e della cambusa. Allevon ascolta attentamente: farà tutto ciò che l’organizzazione collettiva richiede di fare, il suo fine va ben oltre questi compiti che devono solo assicurare una civile convivenza.

 

I giorni passano tra Venaus e Giaglione e le altre località della Val di Susa e Allevon urla con rabbia contro la costruzione di quel tunnel ogni volta che può e che ne sente il bisogno. Ma la lotta si fa sempre più difficile: le barricate sono costantemente sotto pressione e sotto il pericolo di un imminente smantellamento da parte delle forze dell’ordine, nonostante la ferrea turnazione di cui si parla ogni giorno alla cosiddetta assemblea. L’acqua viene fatta arrivare al presidio grazie ad alcune dighe che i dimostranti hanno costruito servendosi di sassi e rametti presi dal letto della Clarea (in Val di Clarea, una delle tante valli di cui la Val di Susa si compone) e che vengono periodicamente e puntualmente demolite dalle forze dell’ordine, così da mettere in difficoltà i presidianti che si trovano costretti ad arrivare al fiume a ricaricare le taniche a ogni ora.

 

Eppure, il 24 Luglio, succede qualcosa di molto particolare: una delle due barricate che continuava ad essere difesa sin dalla sua realizzazione (nello specifico, avvenuta il 20 Giugno della stessa estate), viene abbattuta dalle forze dell’ordine (video). In quell’episodio di scontro, rimangono feriti in nove; nove di quei compagni con cui aveva meticolosamente evitato di istaurare un qualsiasi tipo di rapporto.

Ad un tratto la foga della lotta cede il posto alla preoccupazione per quei ragazzi e in quel momento capisce: non può mollare; e non solo per l’idea della deturpazione che le macchine stanno facendo subire all’ambiente, per l’ideale di vivere con e dentro la natura senza doverla sfruttare. Non si tratta più solo di quello. Non può abbandonare perché ogni volta che arriva in preda allo sconforto al fiume, per riempire una tanica d’acqua, ritrova la forza nello sguardo di un compagno che sorridendo sta dicendo: “grazie, ci sei “. Non può mollare, perché si rende conto del legame dato dalla consapevolezza che ognuno si stia occupando di qualcosa per far funzionare il tutto, mai per sé stesso, ma sempre per gli altri. Realizza che in ogni momento di demoralizzazione avuto nei giorni trascorsi in quel posto, è stato sempre il gesto di una mano amica che si appoggia sulla sua spalla, le parole intime pronunciate da visi sconosciuti, ad aver dato la spinta a rialzarsi.

Di colpo, l’ambiente per cui stava lottando ha assunto colori diversi: ora il sole di luglio illumina le tende dei suoi amici e non più solo verdi campi; e l’acqua dolce che scorre tra le montagne è più fresca perché disseta chiunque stia combattendo per lei. Quello che sta accadendo è un qualcosa che va oltre il TAV, va oltre la mera protesta… è un legame che unisce, imprescindibilmente dal contesto in cui è nato o per la causa che  lo ha scaturito. Non è più solo per la Valle, non è più una lotta al tunnel. È anche altro. È molto di più.

 

A questo sta pensando Allevon, la sera in cui si decide di accendere un falò. Dopo un pomeriggio passato a cercare legna da ardere nel bosco insieme agli altri (che ora, fortunatamente, stanno meglio), arriva la sera che, grazie a quella luce, non sembra più tanto buia: la legna che si era riuscita a racimolare era tanta e il fuoco non accennava a estinguersi, tanto da pensare che potesse bruciare per ore senza mai smettere. Lì Allevon capì. Ognuno in sé ha la propria causa e il proprio fuoco che arde per essa. Ma quando tante singole fiamme si incontrano e decidono di unirsi, quello è un ardore che non può spegnersi, poiché ognuna di queste fiamme alimenterà sempre le altre e viceversa.

Allevon ha riscoperto un nuovo modo di stare insieme, decisamente distante da quello della Metropoli, ha riscoperto un sentire più forte e più puro di collettività che si muove insieme alla natura e al suo rispetto, secondo l’equilibrio che essa detta. E questo per Allevon è il presidio: una nuova costruzione dello stare insieme che si può respirare a pieni polmoni.

Le sue due settimane sono terminate ed è ora di tornare a casa, ma questa esperienza (come quella di tanti altri che riportiamo qui) non potrà dimenticarla. TAV o No-TAV, il partecipare a questa lotta ha costituito un’esperienza fondamentale per Allevon. Non c’è questione più aperta di quella del TAV al momento in Italia. Forse costruiranno il tunnel o forse no. Di sicuro Allevon e suoi compagni ne sono usciti vincitori e portano a casa un premio intoccabile.

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