Nuove conquiste con la prima cellula sintetica capace di replicarsi

È recente un'importante scoperta che può garantire la possibilità di estrarre da queste cellule vaccini e farmaci: si chiama JCVI-syn3A ed è la prima cellula sintetica in grado di replicarsi.

Era il 2010 quando il gruppo di ricerca guidato da James F. Pelletier ed Elizabeth A. Strychalski annunciava lo sviluppo del primo batterio progettato sinteticamente. Da lì i passi del progresso non hanno mai smesso di avanzare, e ora, dopo undici anni, si è arrivati ad una svolta importante.
La cellula JCVI-syn3A, chiamata così dai due ricercatori, risulta, infatti, essere il primo organismo sintetico in grado di replicarsi, potendo così favorire ulteriori importanti sviluppi: garantire, ad esempio, anche l’estrazione di vaccini e farmaci. Vediamo in sintesi quale è stato il processo.

La storia del progetto

La prima fase della ricerca va dal 2010 e il 2015; poi, nel marzo del 2016, venne alla luce un altro batterio con genoma “minimale”, cioè con 473 geni, dieci in meno di quelli di un batterio normale. Fu nominato, JCVI-syn3.0. L’entusiasmo era alle stelle, ma presto i ricercatori dovettero fare i conti con alcuni problemi, perché anche se quel gene aveva, in partenza, tutte le caratteristiche per sopravvivere, non riusciva a replicarsi in modo corretto, ossia le sue copie erano “irregolari”, soprattutto diverse per forma e dimensioni. Questo meccanismo, alla lunga, non permetteva a nessuna di queste copie di sopravvivere. Si concluse in modo controverso la seconda fase dell’esperimento.

La terza fase di sviluppo di questo gene è quella che il genetista Giuseppe Novelli, dell’Università di Roma Tor Vergata, definisce come rivoluzionaria e fondamentale.
Infatti, nell’ultimo periodo, JCVI-syn3.0 compie pian piano il suo definitivo stato di sviluppo, attraverso sette geni, che nella sua seconda fase non possedeva; ora è proprio grazie ad essi che la capacità di replicarsi è stata messa in moto.

Secondo lo stesso Novelli, come riporta l’agenzia di stampa ANSA, «le funzioni di almeno cinque di questi sette geni vengono ancora ignorati dai ricercatori, tuttavia si è ormai vicino alla prossima scoperta». Novelli prosegue affermando che «questi geni hanno un valore fondamentale per il controllo e la regolazione del processo di replicazione, perché è proprio grazie ad essi se il batterio sintetico riesce a vivere e riprodursi».

 

Nella foto del tweet, ecco la cellula JCVI-syn3.0 nell’atto in cui si replica.

L’importanza della scoperta

Ancora Novelli, sempre all’ANSA, spiega che il «il batterio avendo la possibilità di riprodursi e sopravvivere più a lungo, può di conseguenza formare delle colonie e garantire quindi la grande chance di estrarre da essi vaccini, farmaci, prodotti proprio da queste fabbriche viventi».

Una lunga strada in undici anni di ricerche, quindi, osservazioni e lavoro serrato, che hanno portato a comprendere che JCVI-syn3A, con 19 geni in più del suo predecessore, JCVI-syn3.0, anche se solo sette riescono a replicarsi, è un grande successo.

La ricerca continua e continuerà, certo, perché anche se gli esperimenti trattano ancora la creazione e costruzione di una vita sintetica, presto potranno favorire interessanti e fondamentali tasselli verso la realizzazione di cure e risposte efficaci contro malattie e disfunzioni genetiche, che scienza e medicina cercano di combattere da anni.

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