Pandemia. Ecco come hanno reagito gli studenti di Scienze della Comunicazione

Quelli dell'Università Salesiana hanno sfruttato questo periodo di forti emozioni per sperimentare la loro creatività

Si riguardano con nostalgia le foto in cui si stava insieme all’università, quel posto che, sin da subito, impari a chiamare casa. Casa: così definiscono in molti l’Università Pontificia Salesiana, anche se entrati a far parte di questa famiglia da poco. Gli studenti ricordano l’atmosfera che si respirava tra le aule con la speranza di poterci tornare, anche se costretti davanti ad uno schermo che, oggi, li priva di quel confronto e di quel dialogo di cui solo l’Università Salesiana è capace.

Questo però non blocca la creatività degli studenti e dei docenti, che, insieme, sono riusciti a ritagliarsi degli spazi, che, in tempi di “non-pandemia”, non sarebbero mai esistiti.

La creatività nasce da una lezione con il professore Franz Ramberti, insegnante di Storia dell’arte e del design grafico, che, per dare un esempio di resilienza e forza ai propri alunni in un periodo così difficile, ha raccontato la storia di Nida Badwan. Nida è un’artista palestinese di 27 anni che, per protestare contro la violenza di Hamas, governo autoritario, decide di passare cento giorni di solitudine in una piccola stanza usando l’arte per rappresentare la sua vita attraverso scatti. Da qui nasce l’idea di @fsc.shot, una pagina instagram per raccontare la vita tra le quattro mura: «raccolta di storie ai tempi del Covid». Lo chiamano così gli studenti della FSC, quel luogo dedicato «ai lavori fatti di luce, grafite o parole».

Anche la pagina @fsc.studenti cambia forma: una pagina nata per informare sugli eventi dell’ateneo che si trasforma in un luogo ricco di proposte e di condivisione. Grazie al format “Quanto tempo per”, gli studenti hanno iniziato a condividere la propria passione, perché «poteva diventare il nuovo interesse di qualcuno che altrimenti sarebbe stato tutto il giorno a letto non sapendo che fare», ci dice Gaia Nadile, studentessa al secondo anno di Scienze della Comunicazione sociale. Nascono così post come “Quanto tempo per leggere” “Quanto tempo per chiamare chi ami” “Quanto tempo per ascoltarci” “Quanto tempo per darsi all’arte” “Quanto tempo per disinnescare”. In tempi di pandemia, per cercare nuove ispirazioni, ci si è rivolti anche ai grandi idoli con la voglia di farli conoscere ai propri compagni. Grazie a questa nuova proposta nascono post come “Quanto tempo per conoscere Picasso”, “Quanto tempo per conoscere De André”, “Quanto tempo per conoscere Giovanna Botteri”.

Agli studenti di Scienze della Comunicazione sociale questo non bastava. Decidono così di dare vita ad una nuova iniziativa, ma di natura nostalgica. “Cara UPS ti scrivo” è il format rivolto non solo alla FSC, ma a tutte le facoltà dell’Università Salesiana: «ogni studente ed ex studente è invitato a partecipare a questa iniziativa e può scrivere una lettera, un commento, fare un video eccetera. Insomma, si può usare qualsiasi modalità per esprimere messaggi di solidarietà e vicinanza alla nostra università». Nascono messaggi bellissimi, dedicati a un’università che con il tempo si impara a chiamare casa.

L’inventiva dei professori non è da meno: cercano, in tutti i modi, di andare incontro ai propri alunni e ne sono prova le innumerevoli videochiamate su zoom: momenti di dibattito e confronto in cui gli alunni hanno la possibilità di dire la propria e fare nuove proposte riguardo le iniziative prese all’interno dell’ateneo. La pandemia, inoltre, non è riuscita a fermare la tradizione del Natalino: l’incontro settimanale durante l’avvento per poter discutere di tematiche di attualità tra professori, alunni e anche ospiti speciali.

La bellezza della facoltà di Scienze della Comunicazione sociale di Unisal sta nei suoi continui progetti, iniziative, confronti, dialoghi e ciò che ha reso vivibile la didattica a distanza è stata proprio la decisione di non abbandonare queste potenzialità in un momento di crisi ma, anzi, di evidenziarle e sfruttarle al meglio. Perché come afferma Giorgia Salerni, studentessa di Psicologia Clinica della facoltà di Scienze dell’Educazione, «quelli di comunicazione li riconosci sempre perché sono quelli che stanno perennemente a fare qualcosa».

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