«Eliana, sei ancora in
tempo. Ripensaci».
«Le vaccinazioni sono
importanti per la salute dei nostri figli. Pensiamoci».
«Solo tu puoi fare la
differenza. Rifletti».
Tre
messaggi strutturati allo stesso modo, visti in Veneto e in Trentino durante le
vacanze. Rispettivamente su un cavalcavia, su un pieghevole pubblicitario e su
un contenitore di spazzatura differenziata. Tutti e tre composti da
un’affermazione, da un punto per far silenzio e da un invito a ponderare
l’affermazione iniziale.
A
ben pensarci, è singolare ricevere tre richieste di pensiero nel periodo più
spensierato dell’anno, quando persino il Pensatore
di Rodin dà a pensare d’essere in posa e di non stare pensando a niente. Ma non
è pensabile che gli autori dei tre messaggi anonimi non ci abbiano pensato.
Scherzi
a parte, la cosa più singolare è che le tre tesi non siano dimostrate. E che
quindi siano postulati, da prendere per buoni, senza pensarci. L’invito dei tre
messaggeri è dunque solo un artificio retorico per portarci dalla loro parte:
al posto di «Credici» o di «Fìdati», caduti in disuso, «Pensaci» dà la sensazione d’essere noi
a decidere.
Uno
scrittore polacco di aforismi, Stanislaw J. Lec, ha coniato questo bel
paradosso: «La gente ama pensieri che non
obbligano a pensare». Che abbia ragione?