Perché il gender ci aiuta a capire gli uomini e le donne

Riflessioni sull'omosessualità e sull'omofobia, a partire da un documento dell'associazione italiana di psicologia

Nell’ultimo
periodo, in Italia, si discute molto del cosiddetto “gender”.

Questo nome
è stato introdotto da gran parte del mondo politico e religioso per parlare e
sostenere la diversità tra uomo e donna.

Si può
parlare, invece, di studi di genere effettuati da anni da parte
delle maggiori università internazionali basate su dati scientifici, favorendo
la comunicazione fra diverse discipline, che cercano di cogliere i vari aspetti
della vita umana: dall’origine dell’identità al rapporto tra persona e contesto
socio-culturale in cui vive.

Tali ricerche sono nate in America nell’ambito di
studi culturali tra gli anni ’70 e ’80 iniziando a diffondersi in Europa negli
anni ’80.

Il sesso e l’identità. Questi studi
affermano l’esistenza di un sesso biologico, che però da solo non basta a
determinare la nostra identità, che è una realtà dinamica ed estremamente
complessa, costituita dall’interazione tra sesso, genere, orientamento sessuale
e ruolo di genere. Nello specifico:
– sesso biologico è l’apparato biologico (determinato dai cromosomi sessuali, da ormoni, dai
genitali esterni e interni) assegnato dalla nascita;
– identità sessuale: è la percezione che l’individuo
ha di sè come uomo o donna e che a volte non corrisponde al proprio sesso e si
stabilisce nella prima infanzia (disforia di genere);
– orientamento sessuale: è l’attrazione affettiva
verso individui dello stesso sesso, del sesso opposto o di entrambi;
– ruolo
di genere: si riferisce alle aspettative e ruoli su come l’uomo e la donna
dovrebbero comportarsi in un dato contesto storico-culturale.

Cosa è l’omosessualità. Il Direttivo dell’Associazione Italiana di Psicologia (AIP) ha approvato un documento intitolato “Sulla rilevanza scientifica degli
studi di genere e orientamento sessuale e sulla loro diffusione nei contesti
scolastici italiani” .

L’AIP
ritiene opportuno intervenire sul dibattito nazionale che sta toccando i temi
della diffusione degli studi di genere e orientamento sessuale nelle scuole
italiane e per chiarire l’inconsistenza scientifica del concetto di
“ideologia del gender”.

Le
evidenze empiriche raggiunte da questi studi mostrano che il sessismo,
l’omofobia, il pregiudizio e gli stereotipi di genere sono appresi sin dai
primi anni di vita e sono trasmessi attraverso la socializzazione, le pratiche
educative, il linguaggio, la comunicazione mediatica, le norme sociali. Il
contributo scientifico di questi studi si affianca a quanto già riconosciuto,
da più di quarant’anni, da tutte le associazioni internazionali, scientifiche e
professionali, che promuovono la salute mentale (tra queste, l’American
Psychological Association, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ecc.),
le quali hanno eliminato l’omosessualità dalla categoria delle malattie,
ribadendo una concezione dell’omosessualità come variante normale non
patologica della sessualità umana
.

Il
documento dell’Associazione Psichiatrica Americana (APA), che dichiarava questa
modifica, affermava: “L’omosessualità in sé non implica un
deterioramento nel giudizio, nell’adattamento, nel valore o nelle generali
abilità sociali o motivazionali di un individuo”.

Le conseguenze dell’omofobia. Nonostante
queste dichiarazioni e prese di posizioni, sono tutt’oggi presenti pregiudizi contro gli
omosessuali, vittime dell’omofobia. A causa dell’omofobia e dell’eterosessismo, infatti, la persona
omosessuale, fin dall’adolescenza può sperimentare sensazioni di diversità e di
sofferenza emotiva, che la spingono verso l’isolamento sociale e che le
impediscono di venire allo scoperto.

In alcuni casi,
però, l’omofobia può causare un disagio tale da far insorgere e
stabilizzare vere e proprie psicopatologie.

Questo per alcuni studiosi
creerebbe un ambiente sociale stressante, tanto
da favorire lo sviluppo di problemi psicologici. I fattori da considerare, i quali contribuiscono
a creare tale ambiente, sono:

– gli eventi dove si è vittima del pregiudizio,
spesso luogo
di discriminazione e violenze,

– la
convinzione di ricevere un rifiuto dagli altri,

– il nascondersi,

– le modalità di fronteggiamento dell’omosessualità stessa ed il supporto
sociale.

Sul
perché e sul come si diventi omosessuale ci sono molte teorie, ma
nonostante ciò, non esiste ancora uno studio scientifico o un’ipotesi ufficiale
che possa, con assoluta certezza, spiegare il perché una persona diventi omosessuale
o eterosessuale. L’unico punto fermo e certo è che l’omosessualità
non è una malattia, ma una variante della sessualità che si connota con il
desiderio di amare, desiderare, autoidentificarsi con persone dello stesso
sesso.

La disforia di genere. Tenendo conto del “Diagnostic and Statistical Manual of
Mental Disorders 5” (
DSM 5), viene invece considerato un disturbo quando la
persona vive con sofferenza e disadattamento l’incongruenza tra il genere desiderato e quello
biologicamente assegnato ricorrendo a trattamenti ormonali e/o chirurgici.
Stiamo parlando della Disforia di Genere.

Perché parlarne a scuola. A questo punto la domanda da
porre è: qual è il vantaggio e svantaggio dell’informazione nelle scuole sugli studi di genere?

Il vantaggio sarebbero la
riduzione, a livello individuale e sociale, dei pregiudizi e delle
discriminazioni basati sul genere e l’orientamento sessuale, evitando inoltre
atti di bullismo che possono portare all’esclusione, contribuendo invece a
sviluppare atteggiamenti rispettosi ed accoglienti che favoriscono la
costruzione di società eque.

Il rischio invece potrebbe
essere una confusione, se non affrontata nel modo giusto, sulla propria
identità, oppure andare contro il credo religioso, che considera la coppia naturale
formata da uomo e donna.

condividi su