Di
solito, su un cartello, a chi vuole controbattere non c’è bisogno di accordare
il permesso. Basta un po’ di bianco e ci si serve da soli. Soprattutto a Roma,
dove si trovano scritte a mano persino sui cartelloni pubblicitari. Memorabile
una dei primi anni Ottanta, sul manifesto di un profilattico: «Ho fatto l’amore con Control», diceva
la bella donna della fotografia. Qualcuno, a biro, aggiunse: «E meno male che tu’ madre l’ha fatto senza».
Va
in controtendenza l’avviso parrocchiale che annuncia la benedizione delle case
nel condominio: «Se qualche famiglia non
desidera la benedizione, può apporre gentilmente un cartello sulla porta». Anche
qui un invito a dotarsi di una barriera, in funzione anticoncezionale.
Non
sappiamo se l’esperimento abbia funzionato né se il tono delle risposte sia
stato altrettanto garbato (non ci scordiamo, sui muri della città, le scritte «Cloro al clero» e «Più prati, meno preti»). Forse, per evitare risposte aperte, il
parroco riconsidererà la proposta e prevederà risposte prestampate, con la
scritta «No grazie». Magari su
cartoncini forati, da appendere ai pomelli delle porte, come quelli che negli
alberghi chiedono ai camerieri di non disturbare.
Ci
spiacerebbe se andasse a finire così. Ovvero in un trionfo della gentilezza
formale e in una rinuncia a parlare. Perché suonare un campanello è pur sempre una
ricerca di dialogo, anche se fa perdere qualche minuto: può comportare una
porta chiusa in faccia oppure una che decide di aprirsi. È segno di fiducia
nella possibilità di un incontro, soprattutto con chi in parrocchia non mette
piede. Un modo per farsi conoscere e per ascoltare (pure le critiche).
O
finirà che, per non disturbare (e non essere disturbati), si farà tutto via
internet, benedizione delle case compresa?