01 Lug 2014

Poesia di un calcio di rigore

La lotteria dei calci di rigore, anche in questo mondiale, ha un ruolo da protagonista. Il rigore, croce o delizia del calcio, da sempre racchiude in sé tutte le emozioni più belle di questo sport

“Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”, cantava Francesco De Gregori nel 1982 con la sua “La leva calcistica della classe ‘68”. De Gregori parlava di rigori e dava loro già un fascino tutto particolare, mentre da lì a poco l’Italia di Zoff, Cabrini, Tardelli, Conti e Paolo Rossi avrebbe vinto il suo terzo mondiale. I rigori, croce o delizia, maledetti o benedetti a seconda dei casi, sono da sempre la massima espressione di quella ruota che gira e di quel pizzico di fortuna fondamentale per diventare grandi. Tutte le più belle storie calcistiche passano dai calci di rigore, tutte le favole passano da questa lotteria così emozionante da rappresentare forse, simbolicamente, la bellezza e allo stesso tempo la stranezza di questo meraviglioso sport che è il calcio.




La fase ad eliminazione diretta di questo mondiale è cominciata solamente da pochi giorni, con gli ottavi di finale conclusi ieri, ma i rigori già hanno condannato Cile e Grecia, portando in gloria il Brasile e il Costarica. Gioie, esultanze, abbracci, festeggiamenti… ma anche tristezza, lacrime, disperazione: il rigore racchiude per certi versi tutte le più belle emozioni del calcio.




Sulla filosofia dei calci di rigore sono stati scritti libri e raccontate poesie. E i rigori, molto spesso, segnano quasi invisibilmente un confine che invece è netto e decisivo tra un sogno che continua ed una avventura che finisce. Come quella del Cile, che disputa un mondiale fantastico e deve arrendersi solamente dagli undici metri al Brasile superfavorito. Così come la Grecia, che nella sfida contro il Costarica si arrende ad una super-parata di Navas, unico rigore sbagliato della serie.




Cosa succederebbe se cambiasse, solo per un istante, l’esito di un calcio di rigore? Ci avete mai pensato? Quante storie sarebbero cambiate? Quanti giocatori avrebbero ricevuto la gloria negata invece solamente per un errore, purtroppo fatale? E allora, viaggiando con la fantasia, potremmo immaginare cosa sarebbe cambiato se il cileno Jara non avesse centrato il palo interno nell’ultimo rigore. Il Brasile probabilmente sarebbe uscito dal mondiale e saremmo qui oggi a commentare una disfatta verdeoro, un dramma sportivo per la nazionale più vincente della storia, proprio nel mondiale giocato in casa. Si sarebbero aperti processi, tutti avrebbero chiesto la testa di Scolari e di quel giocatore macchiato dell’infamia del rigore sbagliato. E se fosse stato proprio Neymar? Cosa ne sarebbe stato della carriera di questo ragazzo, ora osannato come eroe nazionale, unico in grado di trascinare un Brasile con troppi problemi in campo e fuori.




E proprio parlando di Brasile e di rigori, saltiamo fuori noi e la storia recente della nostra nazionale ai mondiali. Prima del trionfo in Germania li abbiamo sempre pagati, i calci di rigore. E ci pensate mai a cosa sarebbe successo, se i rigori di Baggio e Baresi, in quella torrida giornata di Pasadena nel ‘94, avessero, almeno uno, gonfiato la rete? Maledetti rigori avevamo pensato anche 4 anni prima, a Italia 90, nel mondiale di casa nostra, quando siamo usciti in semifinale eliminati dal dischetto da Maradona e soci. Ai rigori siamo usciti anche al mondiale francese del 98, completando un terribile trittico che negli anni 90 ci perseguitava; appena vedevamo un dischetto, impallidivamo. Allo Stade de France sono stati i padroni di casa a sbatterci fuori da Francia 98, con tanti saluti da Zidane e compagnia. Manco a farlo apposta, quei galletti vinsero poi la competizione. Sarebbe andata così se Di Biagio all’ultimo rigore non avesse centrato la traversa a Barthez battuto? La Francia avrebbe vinto quel mondiale?




A parti invertite i nostri cugini potrebbero dire lo stesso. Quello che immaginavamo un terribile deja vu, nella finale di Berlino del 2006 si è invece rivelata la nostra gioia più bella. Ancora una traversa, ma questa volta è il francese Trezeguet a colpirla. Il mondiale ci restituisce, con gli interessi, tutto quello che ci aveva sempre tolto da quel maledetto dischetto. “Non è mica da questo particolare che si giudica un giocatore”, cantava De Gregori, eppure Trezeguet da quel giorno non ha più vestito la maglia blues e Roberto Baggio, calciando alle stelle quel tiro contro il Brasile nel ‘94 ha macchiato inevitabilmente una carriera straordinaria. La storia così può cambiare, semplicemente da un tiro dagli 11 metri. La storia, così come i destini e le carriere dei giocatori, le vite stesse di quei protagonisti.




Il calcio, in fondo, come la vita, è fatto di storie. Di storie che si intrecciano, che ricordano il passato e aprono la strada al futuro. E allora, rifacendoci ancora alla canzone del maestro De Gregori, è vero che “un giocatore si vede dal coraggio, dall’impegno, dalla fantasia”, ma è pur vero, che un rigore può cambiare la storia del calcio, e con essa, quella di chiunque si presenti su quel dischetto, con un pallone, un portiere, i tifosi e tutte le emozioni racchiuse in quel fantastico gesto atletico.

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