Preti pedofili: la via da seguire è quella della diocesi di Bolzano-Bressanone

Il progetto “Il coraggio di guardare” ha portato alla luce 59 casi di abusi su minori in 60 anni. Perché nelle diverse confessioni religiose avvengono tanti abusi? La risposta è complessa, serve formazione e occorre mantenere desta l'opinione pubblica

Recentemente, la Diocesi di Bolzano-Bressanone ha preso una posizione decisa e trasparente in riferimento ai casi di abuso sessuale su minori da parte dei preti di quel territorio. In particolare, all’interno del Progetto “Il coraggio di guardare”, avviato nel novembre del 2023, sono stati presentati i dati di una perizia a riguardo di questo drammatico fenomeno e in riferimento al periodo che va dal 1963 al 2023: la perizia ha permesso di individuare 59 casi accertati che coinvolgono 29 preti, di età compresa tra i 28 e i 35 anni, come responsabili di abusi su minori compresi soprattutto tra gli 8 e i 14 anni.

Si tratta di un’importante assunzione di responsabilità da parte della Diocesi in questione e ci si augura possa essere d’esempio per altre, in nome di una trasparenza e di una chiara presa di posizione rispetto a tale questione.

Certamente crea notevole impressione che uno dei delitti più raccapriccianti contro la persona, com’è appunto la pedofilia, trovi spazio tra i membri di un’istituzione, la Chiesa, che fa del servizio e dell’attenzione alle persone una delle finalità più esplicite.

Cosa spinge a compiere gli abusi

Tale situazione presenta aspetti dunque paradossali e solleva diversi interrogativi. Ci si domanda, ad esempio, cosa spinga un consacrato a commettere tali azioni nei confronti di minori.

Come primo tentativo di risposta, va detto che già Allport (1897-1967) aveva evidenziato tra gli appartenenti alle diverse confessioni religiose due diverse tipologie motivazionali: l’una matura, denominata intrinseca, è che rimanda alla capacità del credente di vivere fedelmente le istanze promosse dall’Istituzione religiosa; l’altra immatura, denominata estrinseca, per la quale il “credente” viveva la religione in risposta ai propri bisogni infantili e, anche, psicopatologici.

Inoltre, viene considerato il fattore “clericalismo”, da intendersi come un’autopercezione di potere e quasi d’intoccabilità da parte del prete, quasi che tutto gli sia permesso, anche in considerazione del fatto che egli tende innanzitutto a creare con la vittima una relazione caratterizzata da complicità e da una sorta di patto circa il mantenimento del “segreto”, capace di innescare spesso, nel minore vittima di abuso, senso di colpa e confusione.

C’è chi ritiene che un altro fattore alla base della condotta pedofilica dei preti potrebbe rimandare alla loro condizione di celibi consacrati, quasi che la privazione di una normale vita sessuale attiva con un partner adulto possa, in qualche modo, spingerli a deviare sul minore, imponendo a questi condotte sessuali.

Dove avvengono gli abusi

In ogni caso, è evidente come sarebbe auspicabile una maggiore attenzione alla selezione e alla formazione iniziale e permanente dei candidati alla vita consacrata e dei preti, soprattutto in riferimento a una trasversale educazione socio-affettiva e sessuale, nonché all’individuazione di eventuali profili psicopatologici.

A quest’ultimo riguardo, in realtà, va detto che la pedofilia si presenta come una condotta con una elevata “penetranza” nel vissuto del soggetto che, spesso, orienta tutta la propria vita a mettersi nella condizione di poter aver a che fare facilmente con i bambini. Pertanto, le persone con condotta pedofilica, più o meno consapevolmente, tendono ad assumere ruoli professionali e a-professionali che gli permettano di avvicinare i minori. Infatti, tra le persone denunciate troviamo genitori e altre persone adulte dell’entourage familiare, operatori legati alle relazioni d’aiuto e all’ambito socio-assistenziale, come psicologi, medici, assistenti sociali, insegnanti, educatori, giudici dei minori eccetera, ed anche, in relazione al caso di cui sopra, sacerdoti. Gli abusi ad opera dei preti pedofili rappresenterebbero il 2% circa dell’intero fenomeno pedofilia, come si può desumere dalle statistiche rintracciabili, ad esempio, su “Telefono Azzurro” o sull’Associazione Meter (cfr. anche Bellantoni D., Angeli e Diavoli. Lo scandalo dei preti pedofili, EED 2010). Oltre il 50% dei casi si verificano all’interno del nucleo familiare, ad opera di genitori, familiari, parenti o amici di famiglia, che hanno spesso ampio accesso e frequentazione con le vittime e potenziali tali. Un’altra ampia percentuale di casi si riferiscono all’ambito scolastico, alle comunità educative e alle associazioni sportive, senza escludere anche ambiti legati al servizio sanitario e giuridico.

Dal confronto tra il campione della Diocesi interessata e il campione più generale del fenomeno pedofilia all’interno della Chiesa, si evidenzia che, mentre il primo presenta una sostanziale non discriminazione di genere tra le vittime, coinvolte in percentuale pressoché simile, il secondo evidenzia una netta predominanza di maschi post-pubere, tanto da poter definire il problema come una efebofilia, rivolta principalmente a ragazzi preadolescenti di sesso maschile.

Non abbassiamo la guardia

In generale, il fenomeno pedofilia è assai ampio e si nutre anche di attività presenti nel deep e dark web, realtà da non demonizzare ma certamente più utilizzate per fini illeciti, rispetto alla navigazione più superficiale su internet. In tal senso, ad esempio, sarebbe bene evitare di riempire i nostri profili social delle foto di figli e nipoti che finiscono spesso con l’attirare attenzioni morbose di soggetti e organizzazioni volte a sostenere e promuovere il fenomeno pedofilia, spesso a scopo di lucro.

Pertanto, riprendendo il lodevole atteggiamento di autodenuncia promosso dalla Diocesi di Bolzano-Bressanone, la speranza è che non si spengano i riflettori dei media e dell’opinione pubblica sul fenomeno pedofilia, e questo tanto nella Chiesa quanto in tutti gli altri ambienti potenzialmente coinvolti. Si tratta di non abbassare la guardia, soprattutto cercando di prendere consapevolezza che si tratta di un fenomeno che potrebbe anche riguardarci molto da vicino.

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La copertina del libro “Angeli e Diavoli. Lo scandali dei preti pedofili”, di Domenico Bellantoni (ed. EED 2010)
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