Fare il gioralista continua ad essere un mestiere molto pericoloso. Sono 79 uccisi e 251 incarcerati, infatti, i giornalisti nel mondo nel 2018. Secondo le stime pubblicate dal “International press institute“, oltre alle uccisioni per rappresagglia, i giornalisti sono morti anche nei combattimenti o fuoco incrociato o per causa di altri incarichi pericolosi.
Il rapporto dell’International press institute include l’uccisione del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi, nativo dell’Arabia Saudita, morto il 2 ottobre all’interno del consolato saudita a Istambul e poi nominato “Persona dell’anno“ dal settimanale Time assieme agli altri giornalisti in pericolo.
Il paese in cui ci sono più morti nel 2018 è stato l’Afghanistan, dove 13 giornalistii sono stati uccisi, alcuni in attacchi di attentatori suicidi e rivendicati dal gruppo militante dello Stato islâmico. I giornalisti del canale televisivo Afghano Tolo news, canale televisivo afgano, e il reporter Samim Faramarz e cameram Ramiz Ahmadi, sono stati uccisi il 5 settembre dell’anno scorso mentre coprivano un servizio riguardante un’esplosione. Al secondo posto, nella tragica classifica dei paesi più pericolosi per i lavoratori dell’informazione è la Siria con 11 morti, dopo viene il Messico con 9, l’India con 6 e alla fine con 4 morti vengono gli Stati uniti.
E le porte del carcere per chi lavora per informare
Ma i rischi per chi fa questa professione vengono anche prima della vita. Secondo il Committee to protect journalists, nel 2018 sono stati messi in carcere 251 giornalisti. Secondo i dati, tra i principali motivi di accusa, per il 70% ci sono questioni di natura politica, o legate alla difesa dei diritti umano. Cina, Egitto e Arabia Saudita sono i paesi in cui sono stati incarcerati più giornalisti rispetto all’anno precedente, mentre la Turchia resta la nazione con il maggior numero di arrestati.