25 Mar 2014

Saponi in Etiopia: Unilever fa paura

Unilever aprirà una fabbrica di saponi in Etiopia: timori per la popolazione riguardo al cosiddetto "modello Vietnam"

Unilever, la multinazionale anglo-olandese fondata nel 1930 e
conosciutissima in tutto il mondo, non ferma la sua espansione sul
mercato, e si interessa maggiormente all’ Africa: è infatti Dougie
Brew, responsabile per l’Africa di Unilever, a confermare che la
multinazionale ha preso in affitto terreni in una “zona industriale
speciale” situata circa trenta chilometri a sud-est di Addis Abeba.

Nell’impianto saranno prodotti saponi, ma in un secondo tempo
Unilever dovrebbe puntare sull’alimentare. “Abbiamo deciso di
investire a lungo termine in Etiopia – ha detto Brew – per via
delle dinamiche demografiche, di una crescita diffusa e
dell’opportunità di creare dal nulla un modello imprenditoriale
inclusivo e sostenibile”.

L’Etiopia
ha una popolazione di oltre 90 milioni, seconda in Africa solo alla
Nigeria. Stando al Fondo monetario internazionale (Fmi), il Prodotto
interno lordo (Pil) è cresciuto in media del 9,3% negli ultimi
quattro anni e nel 2014 potrebbe aumentare ancora dell’8%.

La
capacità di investimento
di aziende europee come questa
multinazionale è molto elevata, ma comporta anche molti rischi. E’
la stessa Unilever ad aver investito centotrenta milioni di dollari
in Vietnam, e dal 1995, secondo il governo di Hanoi, il volume di
affari della multinazionale è aumentato del 10% all’anno: nel 2013
però l’agenzia non governativa Oxfam ha stialto un rapporto sulle
condizioni di lavoro delle fabbriche vietnamite di Unilever,
rielvando abusi e violazioni.

Tra
i fenomeni più preoccupanti figurano restrizioni della libertà
di
associazione sindacale, assunzioni da parte di ditte sub-appaltatrici
a condizioni salariali particolarmente basse e lavoro notturno in
violazione delle leggi vigenti: la preoccupazione dello stato
nigeriano è che tale modello di mercato possa riprodursi in Africa
a danno dei cittadini che lavoreranno presso tale multinazionale.

Ancora una volta, nessuna reazione da parte degli stessi cittadini su
questa notizia. la paura di rimanere senza una possibilità di lavoro, per quanto futura, o di ripercussioni sull’economia locale tiene in ostaggio la popolazione.

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