«Posa la macchina e
ricominceremo a respirare»: letta sulla schiena di un ciclista, mentre s’era in macchina nel
traffico romano. Senza aver visto il messaggio, avremmo continuato a circolare
tranquilli: della nostra libertà di usare l’auto e della sua libertà di usare
la bici. Quella scritta, invece, ci ha fatto capire che la differenza fra il
ciclista e l’automobilista – più che nel mezzo usato – sta nella benevolenza
verso il creato.
Di
scritte ecologiste avevamo già incontrato «Pianta
alberi». Adesso, oltre all’imperativo, c’è la novità del futuro indicativo.
Che il ciclista sa coniugare in prima persona plurale. Ma il suo non è un noi partitico, a indicare la categoria
di appartenenza. Il ciclista è uno che sa unirsi agli altri e vuole un mondo
migliore per tutti. In più, oltre a essere uno che pedala, è uno che dà ragione
del proprio pedalare a chi conosce solo il pedale dell’acceleratore.
Quest’ultimo
è l’aspetto più originale. Se si fosse accontentato di dare l’esempio, pedalando
senza parole, ci saremmo limitati a pensare che gli piace la bici o che ha soltanto la bici. Con le parole è
riuscito a essere maestro e testimone insieme: per questo siamo rimasti senza
parole. Poi, da qui a restare pure senza macchina, dobbiamo ammettere che c’è
ancora un po’ di strada da fare…