Shades è quello che spesso manca quando, nel rapporto con gli altri, diamo più peso alle differenze rispetto a ciò che ci accomuna. Tradotto dall’inglese: sfumature, niente di più, che dovrebbero avvicinarci assottigliando le differenze, ma allo stesso tempo esaltando quella che è la personalità di ognuno. E’ questa l’idea che sta dietro il progetto “Shades: 100 volti, 100 storie, una famiglia”, realizzato da Chiara Ferrarelli e Iolanda Marta Squillace, due studentesse della facoltà di Scienze della Comunicazione sociale dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, con la direzione creativa del docente Tommaso Sardelli e la collaborazione in fase di produzione di Antonino Garufi e Giuseppe Natale.
L’obiettivo? “Realizzare un ritratto fotografico del nostro ateneo, sottolineando la varietà multiculturale e provando a raccontare quella che è innanzitutto una comunità che si sente come una grande famiglia” ci racconta Sardelli, che all’Ups insegna Teorie e Tecniche dell’Immagine. “Le persone arrivano all’UPS da posti e culture molto lontani tra di loro – aggiunge il professore – ma si ritrovano in un luogo comune per la propria formazione. Questo comporta una convivenza che può essere vissuta come una ricchezza, uno scambio, un incontro.”
Shades è un progetto che prende vita grazie ad un video, “che però è solo una delle possibili forme, non è l’unica” ci tiene a sottolineare Sardelli, lasciando anzi aperta la possibilità di ulteriori sviluppi di quella che potrebbe diventare anche una vera e propria campagna di comunicazione dell’ateneo. 100 ritratti fotografici, 100 persone-volti diversi, provenienti da tutto il mondo (dall’Africa all’Europa, passando per il Sud America e l’Asia) che scorrono in sequenza in una breve clip. L’effetto? Uno straordinario viaggio all’interno delle storie di studenti e insegnanti di nazionalità e facoltà universitarie diverse. Esperienze, vissuti, racconti, con un leitmotiv che accompagna il tutto, l’aspetto artistico fondamentale: il colore. Il colore della pelle dei protagonisti del video regala una sfumatura unica, dalla tonalità più scura a quella più chiara. Un lavoro importante, che ha visto varie fasi: dalla produzione, con le foto scattate “con gli stessi standard tecnici – come sottolinea Sardelli – con la stessa luce, la stessa posa, lo stesso lenzuolo bianco che copre i vestiti” fino alla post-produzione, la selezione delle foto e il montaggio.
I volti, l’elemento principale di questa storia, sono al centro di questo flusso narrativo. La scelta del volto del resto, non è affatto casuale: è la parte più rappresentativa della persona, il territorio d’incontro in cui riconosciamo l’altro, per dirla con le parole del professor Sardelli “Perché poi al di là delle differenze in ogni volto riconosciamo qualcosa di nostro. Dallo sguardo, al movimento della bocca, ai sorrisi”. Uno accanto all’altro, questi volti nella parte finale del video si mescolano, in una esplosione improvvisa di vitalità, entusiasmo e colore. L’ordine iniziale, (la sfumatura dal colore più scuro a quello più chiaro per intenderci), tutto d’un tratto svanisce: lì, comincia la persona, comincia il modo di essere di ognuno.
Dopo la rigida struttura cromatica iniziale c’è quello che comunemente chiamiamo l’imponderabile, la sorpresa e le differenze che risaltano e che rendono ognuno di noi un essere unico e irripetibile: gli stessi volti di prima ora fanno smorfie ed espressioni buffe, non neutre, ma spontanee. Tutti i visi e i colori si mescolano tra loro: niente di più simile a quello che accade nella realtà quotidiana di una comunità multiculturale come dell’Università Salesiana. Un luogo in cui le diverse componenti internazionali convivono scambiandosi esperienze e identità, esaltando la propria personalità, ma arricchendosi anche di quelle differenze altrui, quelle shades che sono poi il sale della nostra vita.